Mio Dio, quanto vi devo ringraziare! La
vittoria non io, ma voi, mio Dio, la riportaste per me, vostra fu la grazia,
vostro fu il trionfo, vostra sarà la gloria per tutta l’interminabile eternità.
A voi, mio Dio, si deve la vittoria da me riportata contro i miei spietati
nemici, posso dire mediante il vostro divino aiuto e la vostra santa grazia di
aver trionfato e di aver confuso l’inferno tutto, mentre l’infernale malizia
restò vinta dalla fortezza che voi, mio amorosissimo Dio, vi degnaste
comunicare alla povera anima mia, per sostenere la fiera e cruda battaglia che
mi aveva mosso l’inferno tutto. Ma voi, pietosissimo mio sommo amore, per darmi
coraggio nella pugna, perché io restassi vincitora dei miei spietati nemici, mi
facevate vedere come la vostra infinita potenza mi sosteneva e difendeva e mi
dava tanta fortezza per sostenere i diabolici tormenti, confessando nel mezzo
di essi la fede di Gesù mio crocifisso e insultando quei barbari a più tormentarmi,
mi fidavo nel braccio onnipotente che mi sosteneva.
A questa fortezza così eroica, che mi comunicava il mio Dio, mancava a quei
barbari la loro crudeltà, e pieni di rabbia e di confusione si mettevano in
fuga.
Il mio Dio, per ristorarmi, mi dava a godere tanto bene, facendomi godere i
suoi divini splendori, mi dava a vedere la sacrosanta ostia circondata da
luminosi splendori, e per mano di Angeli ricevevo la sacra particola.
Quali effetti producesse in me questo pane di vita eterna non è veramente
possibile poterlo spiegare. Mi ristorava, mi confortava, mi fortificava, mi
sanava, mi faceva dimenticare quanto avevo patito nel sostenere la cruda
battaglia, mi dava vigore per soffrire quanto bisognava per adempire la volontà
dell’eterno divin Padre, e per soddisfare alla sua divina giustizia, mentre
volontariamente mi ero offerta a patire per sostenere la santa Chiesa cattolica
e tutti i poveri peccatori.
Ogni giorno ricevevo questo pane celeste, questo pane di vita eterna,
quando Gesù Cristo m’invitò ad offrirmi al suo divin Padre, per placare il suo
giustissimo sdegno, unitamente ai suoi infiniti meriti, mi diede chiara
cognizione di quanto avevo da patire, e come avevo da patire e da chi avevo da
patire; mi fece conoscere ancora che il mio patire aveva da essere puro e nudo
patire, senza alcun conforto, ma abbandonata da tutti non avrei neppure l’aiuto
del mio confessore. A vista di questo quadro sì lacrimevole e mesto, la povera
anima mia inorridì, e piena di affanno e di timore caddi in un mortale
deliquio.
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