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Beata Elisabetta Canori Mora
Diario

IntraText CT - Lettura del testo

  • PARTE SECONDA – LE NOZZE MISTICHE (Dal 1813 al 1819)
    • 47 – L’EUCARISTIA È IL CENTRO DELLA MIA VITA
      • 6. L’abito di terziaria dei trinitari scalzi
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6. L’abito di terziaria dei trinitari scalzi

 

Il 30 maggio 1819, festività della Pentecoste, dopo la santa Comunione, che feci nella mia cappella, si raccolse intimamente il povero mio spirito, e si tratteneva con il dolce suo bene, con il suo sovrano Signore, e senza strepito di parole, ma in sommo silenzio, se ne stava avanti al suo Dio, umiliandosi profondamente, e, riconoscendosi indegna di ogni bene, si profondava nel proprio suo nulla e adorava l’ospite suo sovrano; il divino Signore mi faceva intendere che avessi richiesto l’abito di terziaria dell’Ordine dei padri trinitari scalzi. A questa interna illustrazione io veramente mi opposi, pensando che mai mi si sarebbe accordato una tale licenza dal mio padre spirituale, sicché non mi potevo risolvere a dirgli quanto era seguito nel mio spirito il giorno della Pentecoste, che davo in un dirotto pianto al solo pensarlo; ogni giorno più sentivo nel mio cuore vivamente qusta ispirazione, che mi obbligava a parlare al mio padre spirituale e fare la suddetta richiesta, ma mi pareva veramente che mi mancasse il coraggio di fare una simile domanda, riconoscendomi affatto indegna di tanto onore.

Volevo ritenere racchiuso questo sentimento nel profondo del mio cuore, e l’avevo quasi deliberato, quando da forza superiore fui obbligata a manifestarlo, sicché il giorno della Santissima Trinità, il 6 giugno 1819 del medesimo anno, dopo la santa Comunione, che feci nella mia cappella con molta devozione e grande raccoglimento, e con profonda umiltà e profluvio di lacrime fui nuovamente obbligata dal Signore a manifestare al mio padre spirituale, che aveva celebrato la santa Messa nella mia cappella, il suddetto sentimento, cioè chiedere il santo abito di trinitaria scalza, di essere per carità ammessa nel numero delle terziarie di detto Ordine e di vestire il santo abito, con tutte le debite licenze del Padre Generale dell’Ordine Trinitario.

Manifestai dunque questo sentimento al mio padre spirituale con dirotto pianto, che non potevo contenere, con umile e rispettosa preghiera feci la richiesta, esposi i miei desideri, manifestandogli quanto era accaduto nel mio interno. Il lodato padre, vedendomi tutta immersa nel pianto e che le mie parole erano soffocate dalle lacrime e dai sospiri, mi fece coraggio, e mi disse che mi fossi raccomandata al Signore, che avrebbe scritto al Padre Generale, e se fosse volontà di Dio, sicuramente avrei ottenuto la grazia.

 




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