Il dì 2 febbraio 1820, giorno della
Purificazione di Maria santissima, per mezzo d’intellettuale intelligenza fui
alienata dai sensi, e mi fu permesso d’inoltrarmi negli amplissimi spazi della
divinità, dove Dio si degnò dare a vedere alla povera anima mia cose molto
grandi e sublimi, appartenenti all’infinito suo essere divino.
Cosa mai dirò della grandissima sua magnificenza, con cui dava a vedere
alla povera anima mia, con qual gratitudine a sé la chiamava e dolcemente la
stringeva al castissimo suo seno, assicurandola dell’eterno suo amore.
Oh qual gioia, oh qual gaudio di paradiso scorreva nel mio spirito non so
ridirlo. Piena di santi affetti si rivolgeva verso il suo Dio, sommo suo bene,
e annientata in se stessa, piena di propria cognizione, la povera anima mia,
tutta bagnata di lacrime: «Mio Dio», esclamava, «mio Dio, mio sommo amore, ah
non son degna che voi dal vostro augustissimo trono gettiate neppure uno
sguardo sopra di me. E voi, per vostra pura bontà, tanto vi degnate sollevarmi,
tanto vi degnate innalzarmi sopra me stessa, che più non mi ritrovo, ma tutta
tutta sono inabissata, medesimata in voi, mio sommo bene, mio sommo amore!Sono
immersa nell’infinita bontà e immensità vostra, mio Dio, mio tesoro, mio tutto.
Io più non mi ritrovo, ma sono medesimata con voi, eccesso incomprensibile di
amore! E chi mai potrà ridire qual bene sia godere l’immenso bene che è Dio e
che è in Dio? Vengano pure gli uomini più dotti, più elevati, dicano pure
quanto vogliono, a mio poco talento mi pare che niente potranno dire, per molto
che dicano, in paragone di quello che Dio si degna comunicarsi alle anime per
via di intellettuale intelligenza. L’anima mia molto comprende, ma niente sa
ridire, tanta è la grandezza, tanta è la magnificenza della cognizione che
niente sa spiegare, ma tutta rapita e assorta in Dio se ne resta piena di
stupore e di ammirazione, tutta piena di santo amore verso il suo amato bene,
che si sente la povera anima mia morire, tanto è l’ardore di questo divino
fuoco, che mi consuma e mi fa languire il possesso di questo eterno divino
amore, che giorno e notte altro non bramo, altro non cerco con lacrime e con
sospiri ardenti che il possesso dell’eterno mio amore, che è Dio, sommo mio
bene, infinito mio amore».
Ah, che queste parole, queste dolci espressioni le replicherei cento e
mille volte, e tornerei ogni momento a riscrivere che la povera anima mia ama
il suo Dio con amore ardentissimo, e sono protna ogni momento a dare il sangue
e la vita per amore di questo divino amante.
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