La maggior mia pena fu di vedere la Chiesa
di dio tutta in soqquadro, tutta sbaragliata e dispersa, per l’infedeltà dei
sacri ministri, che dovrebbero sostenerla a costo del proprio sangue, ed invece
la tradiscono col sostenere le false massime del mondo, col lasciarsi guidare
dalla politica mondana. Sdegnato Dio di questa loro infedeltà, aveva decretato
di traslare altronde la cattedra infallibile della verità di Chiesa santa.
Sdegnato mi si fece vedere il grande apostolo san Pietro, zelatore dell’onore
di Dio, e Paolo santo quale guerriero unito alle milizie angeliche traslatar
voleva dalla inefanda città di Roma la cattedra di san Pietro.
E come potrò mai ridire quale pena, e quale afflizione mai recasse al
povero mio spirito determinazione così tragica e sì luttuosa per il
cristianesimo? Piena di mestizia e di dolore, appena potevo sostenere
l’afflitto mio corpo e l’abbattuto mio spirito per l’accaduto fatto, che mi
portai dal mio padre spirituale, e piena di lacrime gli comunicai quanto nelle
orazioni mi era accaduto. Sentendo il notato padre tutto il racconto per estensum, fattomi varie
interrogazioni, mi fece coraggio e mi disse che stessi quieta, mentre credeva
che questa fosse una illustrazione del Signore alla quale io dovevo
corrispondere con fedeltà, perciò mi comandò di pregare caldamente e con tutto
il fervore l’altissimo Dio, acciò si degnasse, per mezzo della umanità
santissima di Gesù Cristo, di lasciarmi la libertà di pregare per la santa
Chiesa, acciò non fosse dispersa così, e che non avesse permesso di
traslatarla, ma che avesse dato luogo alla sua misericordia, e non avesse
privato questa povera città di Roma, benché immeritevole, di possedere tesoro
sì santo, qual è la cattedra di san Pietro.
Avvalorata la povera anima mia dall’obbedienza del mio padre spirituale, mi
presentai all’orazione, con sommo rispetto e riverenza mi misi alla presenza di
Dio, umiliandomi profondamente e annientandomi in me stessa, così presi a
parlare con l’eterno mio Dio: «Amorosissimo mio Signore, padrone assoluto del
cielo e della terra, ecco prostrata ai vostri piedi santissimi la creatura più
vile che abita la terra, riconoscendomi affatto indegna delle eterne vostre
misericordie, mi conosco meritevole di mille inferni, per i miei gravi peccati
ed enormi ingratitudini che ho commesso contro di voi, sommo mio bene, ciò
nonostante questa grande verità, che io confesso di avervi offeso e
strapazzato, mio amorosissimo Dio, supplichevole mi presento al vostro augusto
trono, e col cuore tremante e con la bocca sulla polvere mi prostro d’innanzi
alla vostra divina maestà, e benché conosca che sono terribili i vostri eterni
giudizi, ciò nonostante mi fo coraggio di pregarvi, benché voi, mio Dio, mi
abbiate manifestato di sdegnare questa preghiera.Perdonate dunque il mio
ardire, e per gli infiniti meriti nel vostro santissimo Figliolo, permettetemi
di pregarvi, mentre voi sapete l’obbedienza che mi ha imposto il vostro
ministro, mio padre spirituale.Per l’amore che voi portate a questa santa
virtù, degnatevi di esaudirmi, mio Dio, non sdegnate di esaudire la povera mia
preghiera mentre intendo di unirla alla preghiera del vostro santissimo
Figliolo, quando dall’albero della croce vi pregò per i suoi crocifissori: Pater, dimitte illis non enim sciunt quid
faciunt, parola degna dell’infinita carità del vostro eterno amore. Affidata
dunque a queste parole dell’eterna Sapienza, io mi rivolgo a voi, eterno mio
Dio, e piena di fiducia, mi faccio ardita di pregarvi per i bisogni di santa
Chiesa e per tutti i poveri peccatori, ed in discolpa di questi miserabili, che
non sanno quello che si fanno, offendendo la vostra divina maestà. Io, da
miserabile peccatrice qual sono, vi presento la povera mia preghiera in unione
di quella preghiera che vi fece il vostro santissimo Figliolo. Sì, eterno mio
Dio, non sdegnate di esaudirmi, ché io, qual vittima di espiazione e di
riconciliazione, mi offro di patire ogni sorta di patimenti, unitamente agli
affanni gravosissimi che ha sofferto il vostro santissimo Figliolo».Con molte
lacrime, gemiti e sospiri, ripetevo con fervore eccessivo e con ardente amore
la medesima preghiera.
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