La promessa che mi fece il mio Dio, che
avrebbe per allora sospeso il flagello della sua irritata giustizia e che
avrebbe dato luogo alla sua misericordia, ben presto si avverò. La povera città
di Roma ne provò i buoni effetti, mentre passati i 27 giorni della mia malattia
si avverò la promessa che mi aveva fatto il Signore.
Vennero in Roma le truppe austriache, per la rivoluzione dei napoletani,
che volevano invadere la città di Roma. La terribile setta dei carbonari, per
promulgare la perversa loro Costituzione, non mancarono a costoro i partitanti,
quali erano nella nostra città di Roma in grande numero, i quali tutti
cospiravano a mandare via il Santo Padre, Papa Pio Settimo, col malizioso
pretesto di metterlo in sicuro per timore di una insurrezione di popolo.
Questo veramente sarebbe stato un passo terribile e molto funesto per la
povera città di Roma; con la partenza del Santo Padre sarebbe accaduto quello
che è già accaduto nel Regno di Spagna: per la medesima Costituzione ai poveri
spagnoli conviene gemere sotto la tirannia di questa barbara legge, con sommo
pregiudizio del Cattolicesimo, perché tutto tende a distruggere la nostra santa
religione cattolica.
Anche noi gemeremmo ancora in questo infelicissimo stato, se non fossero
state le grandi preghiere e gli anticipati sacrifici che avessero fatto
mediatrice la misericordia di Dio, per mezzo degli infiniti meriti di Gesù
Cristo. Avevano dunque tentato tutte le strade per mandar via da Roma il Santo
Padre, e gli avevano incusso tanto timore e con fortissime ragioni lo avevano
persuaso a partire. E difatti una notte avevano allestita una carrozza da
viaggio per condurlo a Civitavecchia, ed avevano già nei giorni antecedenti
preparato tutto l’equipaggio per la sua partenza, dicendo che per ora lo
trasferivano in questa città, che se poi gli affari del governo fossero andati
male lo avrebbero condotto in altre parti. Questa era tutta una manovra dei
medesimi settari, che volevano balzar via il Santo Padre.
Con la sua partenza sarebbero partiti molti cardinali e signori e prelati,
mentre erano già tutti in sommossa per partire da Roma. Con questo malizioso
pretesto volevano prendere loro le redini del governo di Roma, e così renderla
schiava della barbara loro Costituzione. Castigo ben dovuto a questa
popolazione per la grande insubordinazione che si usa al governo ecclesiastico
e per il poco e niente rispetto che si porta ai sacerdoti e ai religiosi, che
ormai sono divenuti lo scherno ed il ludibrio degli stolti mondani, che
inventano a bella posta delle calunnie con l’insidiare i loro patrimoni, con
l’usurpazione dei loro beni ecclesiastici. Per mezzo di illustrazioni divine io
conoscevo chiarissimamente tutte queste trame, e non altro facevo dal mio
letto, semiviva dai grandi strapazzi sofferti, che poi terminerò di raccontare,
altro dunque non facevo dal mio letto che raccomandare al Signore la santa
Chiesa e il sommo Pontefice, perché Dio gli avesse dato lume di non partire da
Roma.
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