Proseguo a raccontare i patimenti, i
travagli, e le forti angustie ed il crudele gioco che questi barbari si
prendevano di me, con tanta crudeltà e baldanza e a tutto loro costo mi
volevano dare la morte, con tante pene e dolori che mi facevano soffrire, dopo
avermi con tanto spasimo e dolore crocifissa, come già dissi nei passati fogli.
In questa dolorosissima situazione mi trattenevo, in mezzo a mille scherni,
beffe ed insulti. Credevo, per l’acerbità dei forti dolori, ogni momento di
rendere l’anima a Dio. Non mancò a questi maligni spiriti di trovare la maniera
più crudele, la malizia più fina per tormentarmi l’anima e il corpo. Uno di
questi maligni spiriti prese la forma del mio confessore, il suo abito
religioso, il suo personale, la sua parlata e pronunzia spagnola, del tutto era
a lui simile. Comparve dunque nella mia camera tutto rabbuffato ed adirato
contro di me, chiamandomi impostora, superba, meritevole di ogni castigo e di
ogni infame morte per non aver dato ascolto ai suoi consigli, perché molte
altre volte mi era apparso questo finto confessore e mi aveva dato pessimi
consigli, da me sempre disprezzati per mezzo della grazia di Dio.
Qual pena recasse al povero mio spirito questo disprezzo non è
immaginabile: «Come», dicevo, «il mio confessore, sa perché patisco, pure lui
mi consigliò, mi obbligò di offrirmi qual vittima di espiazione per i presenti
bisogni di santa Chiesa, e per il bene di tutto il Cattolicesimo. Come, adesso
si è dimenticato di tutto quello che nello scorso mese io gli dissi, che
l’eterno divino Padre, per mezzo di Gesù Cristo, aveva per sua bontà accettato
il mio povero sacrificio, e che degnato si sarebbe di dar luogo alla sua
misericordia, col sospendere l’imminente flagello, ma che io avevo molto da
patire e dovevo sostenere una crudele battaglia con la potestà delle tenebre, e
che tutto l’inferno avrebbe congiurato contro di me? Adesso che si avvera la promessa
che il Signore mi ha fatto e sono sul punto di ottenere la divina misericordia,
invece di aiutarmi e soccorrermi, non solo mi abbandona in questo grave
patimento e grande pericolo, ma di più mi disprezza, mi schernisce, mi insulta,
mi consiglia ad arrendermi alle voglie dei miei nemici. Io lo credevo un santo,
e adesso mi pare un uomo tanto cattivo e malizioso. Questo veramente non
l’avrei mai creduto. Qual pena mi desse questa frode, questo malizioso inganno
di Satanasso non è possibile i1 poterlo spiegare; pena grande, credendo che in
realtà questo ministro di Dio avesse pervertito e fosse diventato un apostata;
pena grande, per vedermi priva di ogni umano soccorso, mentre da altri non
potevo sperarlo, ma solo dal mio proprio confessore, il quale sapeva tutto il
fatto, e per avermi diretta per lo spazio di anni quattordici, conosceva
appieno il povero mio spirito.
Questo apparente inganno dava tanta afflizione al mio spirito, tanto era grande
la pena e l’angustia che non la potevo arrivare a superare. Ogni giorno mi si
rendeva più sensibile. Questo malizioso inganno seguì fino dai primi giorni
della mia tribolazione, e sempre più si accrebbe l’inganno, fino all’ultimo
giorno che, con la grazia di Dio vinsi la forte battaglia e restai vittoriosa
dei miei spietati nemici.
Il finto confessore era il più crudele mio giudice e carnefice insieme,
mentre ogni giorno viepiù incrudeliva contro di me, ordinando a bella posta a
quei maligni spiriti che se non volevo arrendermi alle loro voglie, mi avessero
strapazzato con crudeli tormenti. E quando stavo così derelitta ed agonizzante
sopra la croce, di sua propria mano mi scagliò cinque grosse pietre, a guisa di
selci infuocati, nei fianchi, dove mi fecero cinque dolorosissime piaghe, che
credevo proprio di morire per il grande spasimo. Credeva il finto confessore
che con questo altro barbaro patimento io mi arrendessi, ma troppo grande era
l’assistenza del mio buonissimo Dio, che a tutti i momenti sperimentavo i
tratti benefici della sua divina grazia.
Vedendo dunque che io non mi arrendevo, ma ero sempre più forte e stabile
nell’essere fedele al mio Dio, disprezzando ogni sorta di patimento, e con
eroica fortezza, somministratami dalla grazia di Dio, ero sempre più forte, con
somma rabbia, pieno di sdegno se ne partì furiosamente dalla mia camera.
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