Ecco le sue divine espressioni: «Mia
diletta figlia, hai vinto! il tuo sacrificio costante e forte ha fatto violenza
alla mia irritata giustizia. Per l’amore che ti porto, altra determinazione
prendo, e in luogo di castigare severamente tutto il mondo, come avevo
determinato, sospendo per ora il severo castigo e do luogo alla mia misericordia.
Mia diletta figlia, voglio compiacerti con l’appagare i tuoi santi desideri,
voglio pagarti quello che patisti per amor mio. Rallegrati, o figlia, oggetto
delle mie compiacenze. Non più disperso sarà il Cristianesimo, né Roma priva
sarà di possedere il tesoro della cattedra dell’infallibile verità di Chiesa
santa. Io riformerò il mio popolo e la mia Chiesa. Manderò zelanti sacerdoti a
predicare la mia fede, formerò un nuovo apostolato, manderò il mio divino
Spirito a rinnovare la terra.Riformerò gli Ordini religiosi per mezzo di nuovi
riformatori santi e dotti, e tutti possederanno lo spirito del mio diletto
figlio Ignazio di Loyola. Darò un nuovo pastore alla mia Chiesa, dotto e santo,
ripieno del mio spirito, con il suo santo zelo riformerà il gregge di Gesù
Cristo».
Mi diede a conoscere molte altre cose concernenti questa riforma, vari
sovrani che sosterranno la santa Chiesa cattolica e saranno veri cattolici.
Depositando i loro scettri e corone ai piedi del Santo Padre, vicario di Gesù
Cristo, vari regni lasceranno i loro errori e torneranno nel seno della
cattolica fede. Intere popolazioni si convertiranno e riconosceranno per vera
religione la fede di Gesù Cristo. Cose tutte che in quei momenti potevo tutte
con chiarezza accennare, ma, siccome Dio non vuole che siano manifeste le sue
divine determinazioni, fece sì che io in quel tempo non riconoscessi il mio
proprio confessore e direttore, come in appresso dirò ed ho già detto nei
passati fogli.
In quei momenti molte cose potevo dire nella maniera che seguirà la
suddetta riforma. Mentre Dio, se mi è lecito il dirlo, per sua infinita bontà,
si degnò ammettere a consiglio la povera anima mia col manifestarle le sue
divine determinazioni riguardanti questa grande opera. Non so se il mio modo di
parlare sia troppo ardito, ma non mi diparto dalla verità dell’accaduto fatto,
e lo scrivo, a maggior gloria di Dio e a maggior mia confusione, con tutta
l’ingenuità del povero mio cuore, come ho usato nei poveri miei scritti, che
non ho mai declinato dalla pura verità. Ciò nonostante mi faccio un dovere di
tutto assoggettare al savio parere di vostra paternità reverendissima,
attendendone con utile e rispettosa soggezione la savia sua approvazione o
disapprovazione, assoggettando il mio intelletto al rettissimo suo consiglio.
Conoscevo dunque le divine determinazioni di Dio, i suoi rettissimi
giudizi, tutto vedevo, tutto conoscevo chiarissimamente e il tutto approvavo
per giusto, santo e retto: ecco come trionfano i tre divini attributi di un Dio
trino ed uno, che in tutto si glorifica in se stesso. Questa cognizione, questa
penetrazione di Dio fece sì che la povera anima mia altamente si compiacesse
dell’infinita immensità di Dio, e così si perdeva affatto nella sua divina
immensità, e l’anima mia perdeva la qualità del suo proprio essere e si
trasformava tutta in Dio; come si perderebbe e trasformerebbe una piccola
goccia di vino in mezzo al vasto mare, questa goccia più non si troverebbe. In
modo più speciale e senza paragone assai più sublime, si trasformò la povera
anima mia in Dio; senza paragone, assai più unita e medesimata, senza però
poterlo spiegare né comprenderlo per la sua sublimità e grandezza.
Dio, per giusti suoi giudizi, non vuole che si manifestino le sue divine
determinazioni, e bene mi avvedo che sia così, perché, di tutto quello che mi
manifestò con tanta chiarezza di questa riforma che sta per fare, io ne sapevo
tutte le minime circostanze che, quando guardavo il letto, ne parlavo con tanta
chiarezza con la mia figliola minore, e adesso che scrivo né io né la suddetta
lo ricordiamo, perché Dio le ha cancellate dalla nostra mente, l’anima mia le
tiene queste determinazioni di Dio, come in sé racchiuse, senza poterle manifestare,
quello che posso dire, però, è che questa grande opera non si farà senza un
grande sconvolgimento di tutto il mondo, di tutte le popolazioni, ancora di
tutto il clero secolare e regolare, di tutte le corporazioni religiose dell’uno
e dell’altro sesso, dovendo tutte essere riformate, secondo lo Spirito del
Signore ed i dettami delle primitive regole dei loro santi fondatori ed
istitutori.
Non dubito punto però che a suo tempo e luogo, quante volte a Dio piaccia,
possa il mio spirito manifestare tutto ciò che Dio si degnò manifestarmi
intorno a questa riforma, e allora, con umile e rispettosa soggezione,
comunicherò a vostra paternità reverendissima i sentimenti dello Spirito del
Signore.
In quel tempo che ero così illuminata, parlando con la suddetta mia figlia
minore, le dicevo: «Adesso vi dico tante belle cose, perché il Signore mi tiene
aperto, davanti agli occhi della mente, il libro della divina sapienza, sicché,
io leggo quello che parlo; ma quando si chiuderà questo libro, io non potrò
dirvi più niente di tante belle cose che ora vi dico».
E difatti fu così, chiuso il libro, le dicevo: «Figlia, voi siete
desiderosa di sentire le divine scienze, riguardanti i sovrani misteri della
nostra santa fede e dell’infinito amore che Dio porta a noi poveri peccatori,
vorreste proseguire ad udire le belle cose che vi dicevo negli scorsi giorni.
Il libro è chiuso, io non posso più leggere, e niente più di quello che ho
detto posso dirvi. Quando il Signore tornerà, per sua bontà, ad aprirmi il
libro della divina sapienza, allora, se Dio lo vorrà, tornerò a parlare e dirò
tutto quello che lui vuole. Figliola mia», le soggiunsi piangendo, «pregate Dio
per me, perché io non tradisca il suo santo amore con qualche grave colpa,
ditegli che mi levi la vita se non l’ho da amare con tutta l’ampiezza del mio
povero cuore». Così finì il mio discorso in quella giornata con la suddetta
figlia. Si concentrò il mio spirito in Dio, godendo nell’ intimo dell’anima la
divina scienza, che si degnava Dio trascendere nell’intimo del mio cuore,
inebriandolo del suo divino amore.
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