Prendo nuovamente a raccontare gli altri
patimenti sofferti nella suddetta sanguinosa battaglia, e pongo fine a questo
afflittivo fatto senza più stancare la sofferenza di chi legge, come ancora
liberarmi dal tedio che mi reca questo racconto.
Venne dunque in mente ad uno di quei maligni spiriti, che a gran folla si
trattenevano burlandomi, offendendomi e con scherni insultavano la mia
pazienza, compiacendosi di avermi inchiodata sopra una croce con tanta
crudeltà, si rallegravano di avermi ridotto in quel deplorabile stato. Costui
disse ad alta voce: «Gli manca il titolo per cui l’abbiamo così ridotta», tutti
gli altri con grida di consolazione a viva voce gridavano: «Ha ragione, ha
ragione, gli manca il titolo, gli manca il titolo», e così dicendo viepiù
m’insultavano dicendomi: «Un’altra pena ti aspetta, presto si affretti, presto
si affretti». Ed intanto presero una tavoletta dove era scritto a lettere
maiuscole: Questa è vera seguace di Gesù Nazareno. Tutti quei maligni spiriti
rispondevano ad alta voce: «Questo è il motivo per cui la perseguitiamo». Ed
intanto, presa una pesante mazza di ferro ad uso di martello, con grosso chiodo
dalla punta acutissima, nei miei piedi, già trafitti, con spasimo crudele lo
affissero. A quegli spietati colpi credetti propriamente di finire la vita, per
l’acerbità del dolore; fui, per l’eccessivo dolore, sopraffatta da un deliquio
mortale.
In quel tempo fui visitata dal mio Dio, e la celeste consolazione mi
restituì la vita, perché mi pareva veramente di essere propriamente morta
affatto. Ma quando tornai in me stessa non mi potevo dare a credere che il mio
corpo fosse sano e senza alcuna lesione. Mi guardavo le mani, mi guardavo i
piedi, che trovai tutti sani e senza alcun dolore. Un torrente di consolazione
celeste inondava la povera anima mia, un gaudio di paradiso scorreva nel mio
cuore e ne partecipava ancora il mio corpo, in maniera che mi sentivo
rinvigorita e tanto contenta che mi mettevo a cantare le canzoncine più belle
riguardanti l’amore di Dio.
La grande carità che sentivo nello spirito mi necessitava di parlare del
santo amore di Dio, questo lo facevo con tanto affetto e fervore che ben tosto
chi mi ascoltava piangeva di tenerezza, segnatamente la mia figliola minore che
sempre si tratteneva perennemente accanto al mio letto. Questa, più delle altre
persone assistenti, si avvedeva del tutto e ne provava in sé i buoni effetti,
la quale mi ha confidato che la mia malattia le è stata più fruttuosa per il
suo spirito che gli esercizi spirituali. Mentre io non mancavo, in questo
tempo, di darle i più chiari sentimenti dell’amore grande che ci porta Dio.
Specialmente parlavo della passione e morte di Gesù Cristo con tanto amore,
tanta dolcezza, tanta scienza, e ci trovavo tutto il pascolo spirituale che mai
dire si possa.
In queste sette parole trovavo i sette doni dello Spirito Santo, che mi
dava grazia di interpretare l’altezza di queste divine parole, che contengono
tutta la vita cristiana e la vera perfezione. Oh quale e quanto impegno sentiva
il mio cuore di potere insegnare a tutti queste celesti dottrine, così
persuader tutti a lasciare i vizi e le basse cose della terra, e così fare che
tutti fossero veri seguaci di Gesù crocifisso.
Non terminarono qui i miei patimenti, sebbene questo fosse l’ultimo
supplizio che mi dettero quegli infernali nemici; ma, non potendo più molestare
il mio corpo, perché il mio Dio per sua bontà più non glielo permise,
inventarono un’altra malizia del tutto diabolica per affliggere barbaramente il
povero mio spirito. Questa trama me la ordirono fino dai primi giorni di questo
funesto mio combattimento. Funesto per loro, ma non per me, perché mediante la
divina grazia restai di loro vittoriosa, gloriosa, senza mai arrendermi alle
loro voglie e superando con fortezza e costanza la loro barbara crudeltà,
confessando, in mezzo a quei barbari patimenti, la fede di Gesù Cristo,
compiacendomi altamente di essere così straziata per mantenermi fedele seguace
di Gesù crocifisso, nel quale ho posto tutta la mia speranza e fiducia.
Nella sua onnipotenza sono certa e sicura di riportare la compiuta
vittoria. Così dicevo, con grande coraggio, insultando la potestà delle
tenebre: «A te, o Satanasso», dicevo, «mancheranno tormenti per affliggermi,
verrà meno la tua crudeltà, ma a me non mancherà fortezza di superare e
disprezzare la tua tirannia. Non potrai alterare neppure un momento la mia
volontà, non potrai al certo cancellare Dio dal mio cuore. A questo onnipotente
Dio ho giurato e giuro la mia fedeltà, e mediante la sua divina grazia spero di
essere fedele fino all’ultimo respiro della mia vita».
Con queste ed altre simili parole confondevo la baldanza di questi infernali
nemici.
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