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Beata Elisabetta Canori Mora Diario IntraText CT - Lettura del testo |
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6. Il padre spirituale ordina di legarla
L’ora era tarda, già era suonata l’Ave Maria, e questo fratello fremeva per fare la barbara operazione di legarmi. E per consolidare questa opera, e per giustificare se stesso appresso degli altri parenti, conoscenti, e ben affetti alla mia famiglia, si servì del mezzo del mio confessore, che era in quel momento venuto a visitarmi. Fece dunque a questo ministro di Dio una forte rappresaglia contro di me con delle false supposizioni, molte inventate e molte male interpretate ed immaginate a suo modo. Il mio confessore, che già era carico di ciarle riportate dalla donna di servizio, condiscese alle sue voglie col dire: «Legatela». Altro il diavolo non volle che questa parola uscisse dalla bocca del mio padre spirituale per intessere una matassa ben grande di impicci e di confusione. Il mio fratello venne nella mia camera dopo aver avuto questo permesso, male a proposito, perché lo aveva ottenuto per mezzo di una falsa e del tutto bugiarda rappresentanza. Venne dunque nella mia camera esultando, diceva tutto contento e con ironia: «Ha detto il padre spirituale che si leghi», ma io a questo ordine male inteso non ci volli stare. Mentre conoscevo che non ero obbligata a sottomettermi a questa determinazione del mio direttore, perché per la falsa rappresentanza fattagli dal fratello gli aveva ingiustamente strappato dalla bocca questo permesso. Di più fece ancora che il mio padre spirituale di propria bocca mi ordinasse di obbedire in tutto e per tutto ai miei parenti. Io che già avevo inteso l’ordine irriflessivo che aveva dato di legarmi, che se si metteva in pratica sarebbe stata la mia rovina, mentre io non ignoravo che questo voleva il demonio, a questo oggetto si servì di questa circostanza col prendere di sorpresa il mio direttore che sono sicura e certa che se l’avesse ponderato mai e poi mai avrebbe dato un simile ordine. Mi si presentò dunque il mio direttore e mi disse che obbedito avessi ai miei parenti in tutto e per tutto. Il buon ministro di Dio non conosceva che l’obbedire a questi sarebbe stato lo stesso che obbedire al diavolo, che li tentava e sollecitava a massacrarmi e farmi davvero perdere l’uso della ragione col dissanguarmi, come si erano già prefissi. In uno stato di tanta debolezza in cui ero già ridotta, come non bastasse il sangue che cervelloticamente mi avevano già cavato, e dalle tempie e dalle braccia, che se sono risorta si deve attribuire a un puro miracolo dell’onnipotenza di Dio, mentre, per bene andarmi, dovevo restare scema di testa per la copiosa sanguigna fattami dalle tempie. Sia benedetto in eterno Dio che lo permise, per fare sempre più risaltare la sua infinita misericordia e per accrescere sempre più le mie grandi obbligazioni verso l’infinito suo amore, che è verso di me veramente inarrabile. A mia maggior confusione devo dire, e a sua maggior gloria, che tutta la mia vita è stata sempre un prodigio del suo parziale amore. Non posso fare a meno d’interrompere il filo del racconto, senza rinvenire di tratto in tratto le infinite misericordie del Signore, mentre il povero mio cuore è sempre sopraffatto dall’amore e dalla gratitudine dell’infinito suo amore verso di me, miserabile sua creatura peccatrice.
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