Per mezzo dunque di interna illustrazione,
mi diede a conoscere Dio che se nei passati giorni, per amor suo e per
sostenere la santa cattolica Chiesa e per il bene di tutto il Cattolicesimo, mi
ero contentata per compiacere la sua divina carità di spontaneamente scendere
all’inferno, per mezzo di tanti patimenti, sarei prima della notte risorta
gloriosamente a nuova vita, vale a dire che avrei riacquistato quello che avevo
perduto per mezzo di tanti patimenti, che avrei riacquistato la giusta
sensazione e non sarei stata più oppressa da quei travagli ed angustie fino
allora sofferte. Avrei riacquistato ogni diritto, ogni ragione sopra me stessa
e sopra la mia casa, e che la mia vita sarebbe regolata dalla sua divina
sapienza, che mi avrebbe fatto partecipe dei suoi santissimi doni, e che la sua
divina grazia sarebbe scesa sopra di me in grande copia, e che l’anima mia
avrebbe sempre abbondato e partecipato di favori celesti. E che tenessi per
certo e sicuro che si sarebbe avverata la promessa che mi aveva fatta di
liberare la nostra città di Roma dall’invasione eminente dei Napoletani, che la
sovrastava ora per ora. E, così avrebbe compiaciuto le mie brame e il grande
mio desiderio di non vedere perseguita e dispersa la romana Chiesa cattolica da
questi barbari persecutori, che con dettami di una apostatica costituzione
pretendono di levarla dai suoi propri cardini, perseguitandola dai propri suoi
fondamenti con una massima del tutto opposta al santo Vangelo.
Così si degnò Dio di parlarmi intimamente, senza strepito di parole
sensibili, ma solo per via di intelligenza intellettuale, per mezzo di alta
cognizione, dettata dalla sua divina sapienza all’anima mia ed ammaestrata
dalla divina sua scienza, per così conoscere la nuova maniera di trattare
intimamente con lui, e per conoscere con maggior chiarezza di prima le sue
divine perfezioni, e per sempre più accrescere nel mio spirito il fuoco della
divina carità.
Fu illustrata la mia mente per mezzo dei sette doni dello Spirito Santo, di
cui il mio Dio mi aveva fatto partecipe di questi sette doni per innalzare la
povera anima mia a trattare familiarmente con la sua divina e sovrana maestà. E
così trattenermi intimamente con lui, per farmi conoscere con maggiore
chiarezza il suo infinito essere sovrano e divino.
Si tratteneva, dunque, la povera anima con la sua divina maestà, con sommo
rispetto, riverenza e sommissione, ma insieme con una santa confidenza proprio
filiale, che non si opponeva a quella umile soggezione e sommissione dovuta
alla sua infinita grandezza. Con umile sentimento e ossequioso rispetto,
pregavo a liberarci dall’imminente invasione dei Napoletani e dal tirannico
giogo della loro costituzione, che a momenti ci sovrastava. Pregavo
incessantemente per la santa Chiesa cattolica, perché in questa occasione non
fosse tiranneggiata ed oppressa. Raccomandavo il sommo Pontefice, tutto il
clero regolare e secolare, tutto il Cristianesimo. Finalmente tornavo a pregare
per la città di Roma, affinché non perdesse il dominio della cattedra infallibile
della verità di santa Chiesa.
Così dunque si degnò Dio di parlarmi intimamente: «Mia diletta figlia, tu
riporti il trionfo della mia Chiesa. Tu facesti violenza al mio cuore col
sostenere virilmente un diluvio di patimenti per amor mio, così ti facesti
mediatrice e in luogo della giustizia che volevo in questi momenti far trionfare per mezzo di severo castigo, ecco
invece nelle tue mani la mia misericordia. Non più disperso e ramingo sarà
il gregge di Gesù Cristo, né la tua Roma perderà il dominio della cattedra
infallibile della verità di santa Chiesa. Vedi, o mia amatissima figlia, fin
dove giunge l’amor mio per condiscendere la tua volontà, le tue brame. Sei paga? Brami altra prova
dell’infinito amore che ti porto?».
|