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Beata Elisabetta Canori Mora
Diario

IntraText CT - Lettura del testo

  • PARTE TERZA – ALLA MAGGIOR GLORIA DI DIO (Dal 1820 al 1824)
    • 57 – LA MIA MISERICORDIA NELLE TUE MANI
      • 5. Non capisco perché mi amate tanto
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5. Non capisco perché mi amate tanto

 

A queste amorose espressioni, così rispose la povera anima mia al suo Dio: «Ah mio amorosissimo Dio, basta, non più. Il vostro amore altamente mi confonde e profondamente mi umilia. Io non capisco perché tanto mi amate, e cosa mai voi troviate in me, che tanto vi piace, che vi degnate di esaudire le povere mie preghiere e di condiscendere le mie voglie? Ah mio Dio, per carità, perdonate il mio ardire, e si adempia in tutto e per tutto la vostra santissima volontà. Mi protesto che altro non voglio se non che la mia volontà, sia assolutamente la vostra volontà, e se mi sono offerta e sacrificata a patire, mio Dio, voi lo sapete, altro non volli, altra mira non ebbi che di compiacere la vostra santissima volontà».

Nuovamente tornò a parlare il mio Dio: «I santi tuoi desideri dettati dalla mia fede, dalla mia speranza, dalla mia carità, che fino dal Battesimo io ti infusi con particolare amore nel tuo cuore, queste virtù unite alle altre, che mi sono compiaciuto donarti, ti formano oggetto delle più alte mie compiacenze. Figlia, hai vinto la mia giustizia. Rallegrati, che la grazia è nelle tue mani. Sospendo il flagello e do luogo per ora alla mia misericordia».

Torna l’anima a parlare con il suo Dio: «Ah mio amorosissimo Dio, le vostre parole sono degne veramente del vostro infinito amore, ma a dismisura altamente mi confondono. Non posso negare a me stessa gli alti favori che ho sempre ricevuti dall’infinita vostra maestà. Io tutti li ricordo, ma qual confusione è per me di conoscere ancora la mia cattiva corrispondenza e il grande abuso che ho fatto delle vostre divine misericordie. Mio Dio, tengo vivamente presenti alla mente i grandi oltraggi che vi ho fatto, i grandi peccati che ho commesso. Mio Dio, mio Signore, l’enorme mia ingratitudine mi umilia profondamente, mi annienta, mi inabissa nel proprio mio nulla. Mi confondo nella stessa mia cattività avanti alla vostra tremenda maestà infinita. Mio Dio, mio sommo amore, vi domando milioni di volte perdono, vi domando milioni di volte pietà, ve ne domando misericordia, ne sono pentita e pentita di vero cuore, voi lo vedete, voi lo sapete. Mio Dio, propongo con la vostra santa grazia, prima morire, che mai più darvi il minimo disgusto, di farvi la minima offesa. Mi protesto di vivere e di morire tutta abbandonata nel vostro divino beneplacito e nell’adempimento perfetto della vostra santissima volontà. E di amarvi e servirvi fedelmente per quanto varranno le mie forze, fino all’ultimo respiro della mia vita, per mezzo della vostra divina grazia, che imploro dalla vostra infinita bontà».

In questa guisa terminò la mia orazione.

 




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