Il giorno 6 del medesimo mese di febbraio
1821, ebbi un preciso comando dal Signore: che mi fossi portata alla chiesa di
San Giovanni in Laterano per ossequiare lui, la sua divina maestà, e fare i
dovuti ringraziamenti per la grazia ricevuta di aver liberata la città di Roma
dal grande castigo che la sovrastava, come si è già detto nei passati fogli. Ed
insieme avessi formato l’intenzione di prendere possesso di quella chiesa a
nome di tutti i cattolici, essendo la detta chiesa la dominante di questa
nostra città di Roma, questo atto io lo dovevo fare per riacquistare il diritto
che si era perduto di possedere la cattedra dell’infallibile verità di Chiesa
santa, come si è già detto a suo luogo nei passati fogli. Mi fece conoscere Dio
che a me conveniva di riprendere questo possesso di già perduto, mentre io lo
avevo riacquistato per mezzo della sua divina grazia, con l’aver sostenuto
virilmente per amor suo un diluvio di gravissimi patimenti.
La mattina seguente il giorno 27 detto, io comunicai al mio direttore
quanto Dio mi aveva comandato. Il buon religioso, al mio parlare, raccapricciò
e restò altamente sorpreso, parendogli veramente impossibile il poterlo
eseguire, mentre era tanto grande la mia debolezza e prostrazione di forze che,
se parlavo un poco a lungo, venivo meno e avevo bisogno per rinvenire di
odorare dell’aceto. E questa gita io sapevo che si doveva fare il primo di
marzo. Umanamente pareva impossibile che mi potesse riuscire, neppure per lo
spazio di altri quaranta giorni. Ciò nonostante mi rispose il mio direttore
che, sebbene questo pareva impossibile, se Dio lo vuole mi darà la grazia, la
forza di poterlo fare, che se Dio voleva fare questo prodigio di rendermi
immantinente le forze, perché mettessi in pratica i suoi divini ordini, credeva
in dovere di non opporsi, sicché mi dette tutto il permesso e la licenza di
poterlo eseguire.
Il primo di marzo 1821, dunque, feci la mia gita a San Giovanni in
Laterano, nel giorno di giovedì. Mi alzai dal letto di buon ora, feci la santa
Comunione nella mia cappella, secondo il solito. Celebrò la santa Messa il mio
padre spirituale, e da quella mattina in poi mi tornarono le forze e non
dovetti più guardare il letto, fuori che quando il mio spirito era tanto
chiamato intimamente da Dio. Dovetti allora ricorrere ad adagiarmi sopra il
letto, perché restavo alienata dai sensi, e questo lo facevo per occultare i
favori celesti che ricevevo dal mio Dio a quelli della mia casa, immaginandosi
che fosse naturale debolezza.
La gita si fece in carrozza, accompagnata dalle mie due figlie. Questo si
fece per espresso comando del prudente mio direttore che andassi in carrozza,
ma io avrei avuto tanto coraggio e spirito di fare il viaggio a piedi, benché
dalla mia abitazione vi sia molta lontananza. Il mio buon amico e fratello in
Gesù Cristo, che tutto sapeva unitamente al mio padre spirituale, con altra
carrozza in mia compagnia vennero a San Giovanni, sopraffatti dallo stupore nel
vedermi piena di spirito, senza aver neppure bisogno di appoggiarmi.
Ascoltai una Messa, feci tutta la navata di San Giovanni, mentre da una porta
entrai e dall’altra uscii. Feci la Scala Santa senza neppure appoggiarmi. Nel
ritornare a casa visitai la chiesa di Santa Maria Maggiore, e così compii e
soddisfeci a quanto mi aveva comandato Dio. Mi diede a conoscere Dio che molto
aveva gradito il povero mio ossequio e il mio rendimento di grazie. Mi benedì,
mi chiamò «sua amica carissima, figlia obbediente alla sua divina volontà», mi
fece ossequiare da molti santi Angeli, mostrandomi a loro qual figlia sua
prediletta arbitra del suo cuore. Questa moltitudine di santi Angeli mostravano
le loro alte ammirazioni nel vedere la povera anima mia peccatrice tanto amata
e tanto favorita dal loro Creatore e supremo Signore. Pieni di gioia e di
contento tripudiavano di gaudio e con piena allegrezza cantavano inni di gloria
al loro Signore, magnificando le sue infinite misericordie. Ne provarono ancora
i buoni effetti delle divine misericordie le anime sante del Purgatorio, perché
io chiesi in grazia al Signore la loro liberazione.
In quella santa giornata che Dio, per pura sua bontà, si mostrava tanto
propenso e tanto liberale verso di me, che mi diceva: «Chiedi quanto vuoi che
tutto otterrai», mi approfittai di questa buona occasione, gli dissi: «Mio Dio,
padre delle divine misericordie, vi prego di aprire le porte del Purgatorio,
affinché vengano tutte quelle anime benedette a lodarvi e benedirvi per tutta
l’interminabile eternità».
Al momento, per comando di Dio, andarono in volo molti santi Angeli a
dischiudere quelle ferali porte, e un numero immenso di quelle sante anime se
ne volarono al cielo, corteggiate dai loro santi Angeli custodi.
Non dimenticai ancora di pregare per la salute eterna di tutti i miei
benefattori, e nuovamente mi promise Dio che li avrebbe tutti salvati. Mi diede
Dio a conoscere, ancora, molte cose riguardanti i presenti bisogni della santa
Chiesa e le sue giuste determinazioni, che a suo tempo avrebbe prese sopra di
essa.
|