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Beata Elisabetta Canori Mora
Diario

IntraText CT - Lettura del testo

  • PARTE TERZA – ALLA MAGGIOR GLORIA DI DIO (Dal 1820 al 1824)
    • 58 – TI FARÒ PARTECIPE DELLA MIA POTESTÀ
      • 4. Roma liberata dal grande castigo
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4. Roma liberata dal grande castigo

 

Il giorno 6 del medesimo mese di febbraio 1821, ebbi un preciso comando dal Signore: che mi fossi portata alla chiesa di San Giovanni in Laterano per ossequiare lui, la sua divina maestà, e fare i dovuti ringraziamenti per la grazia ricevuta di aver liberata la città di Roma dal grande castigo che la sovrastava, come si è già detto nei passati fogli. Ed insieme avessi formato l’intenzione di prendere possesso di quella chiesa a nome di tutti i cattolici, essendo la detta chiesa la dominante di questa nostra città di Roma, questo atto io lo dovevo fare per riacquistare il diritto che si era perduto di possedere la cattedra dell’infallibile verità di Chiesa santa, come si è già detto a suo luogo nei passati fogli. Mi fece conoscere Dio che a me conveniva di riprendere questo possesso di già perduto, mentre io lo avevo riacquistato per mezzo della sua divina grazia, con l’aver sostenuto virilmente per amor suo un diluvio di gravissimi patimenti.

La mattina seguente il giorno 27 detto, io comunicai al mio direttore quanto Dio mi aveva comandato. Il buon religioso, al mio parlare, raccapricciò e restò altamente sorpreso, parendogli veramente impossibile il poterlo eseguire, mentre era tanto grande la mia debolezza e prostrazione di forze che, se parlavo un poco a lungo, venivo meno e avevo bisogno per rinvenire di odorare dell’aceto. E questa gita io sapevo che si doveva fare il primo di marzo. Umanamente pareva impossibile che mi potesse riuscire, neppure per lo spazio di altri quaranta giorni. Ciò nonostante mi rispose il mio direttore che, sebbene questo pareva impossibile, se Dio lo vuole mi darà la grazia, la forza di poterlo fare, che se Dio voleva fare questo prodigio di rendermi immantinente le forze, perché mettessi in pratica i suoi divini ordini, credeva in dovere di non opporsi, sicché mi dette tutto il permesso e la licenza di poterlo eseguire.

Il primo di marzo 1821, dunque, feci la mia gita a San Giovanni in Laterano, nel giorno di giovedì. Mi alzai dal letto di buon ora, feci la santa Comunione nella mia cappella, secondo il solito. Celebrò la santa Messa il mio padre spirituale, e da quella mattina in poi mi tornarono le forze e non dovetti più guardare il letto, fuori che quando il mio spirito era tanto chiamato intimamente da Dio. Dovetti allora ricorrere ad adagiarmi sopra il letto, perché restavo alienata dai sensi, e questo lo facevo per occultare i favori celesti che ricevevo dal mio Dio a quelli della mia casa, immaginandosi che fosse naturale debolezza.

La gita si fece in carrozza, accompagnata dalle mie due figlie. Questo si fece per espresso comando del prudente mio direttore che andassi in carrozza, ma io avrei avuto tanto coraggio e spirito di fare il viaggio a piedi, benché dalla mia abitazione vi sia molta lontananza. Il mio buon amico e fratello in Gesù Cristo, che tutto sapeva unitamente al mio padre spirituale, con altra carrozza in mia compagnia vennero a San Giovanni, sopraffatti dallo stupore nel vedermi piena di spirito, senza aver neppure bisogno di appoggiarmi.

Ascoltai una Messa, feci tutta la navata di San Giovanni, mentre da una porta entrai e dall’altra uscii. Feci la Scala Santa senza neppure appoggiarmi. Nel ritornare a casa visitai la chiesa di Santa Maria Maggiore, e così compii e soddisfeci a quanto mi aveva comandato Dio. Mi diede a conoscere Dio che molto aveva gradito il povero mio ossequio e il mio rendimento di grazie. Mi benedì, mi chiamò «sua amica carissima, figlia obbediente alla sua divina volontà», mi fece ossequiare da molti santi Angeli, mostrandomi a loro qual figlia sua prediletta arbitra del suo cuore. Questa moltitudine di santi Angeli mostravano le loro alte ammirazioni nel vedere la povera anima mia peccatrice tanto amata e tanto favorita dal loro Creatore e supremo Signore. Pieni di gioia e di contento tripudiavano di gaudio e con piena allegrezza cantavano inni di gloria al loro Signore, magnificando le sue infinite misericordie. Ne provarono ancora i buoni effetti delle divine misericordie le anime sante del Purgatorio, perché io chiesi in grazia al Signore la loro liberazione.

In quella santa giornata che Dio, per pura sua bontà, si mostrava tanto propenso e tanto liberale verso di me, che mi diceva: «Chiedi quanto vuoi che tutto otterrai», mi approfittai di questa buona occasione, gli dissi: «Mio Dio, padre delle divine misericordie, vi prego di aprire le porte del Purgatorio, affinché vengano tutte quelle anime benedette a lodarvi e benedirvi per tutta l’interminabile eternità».

Al momento, per comando di Dio, andarono in volo molti santi Angeli a dischiudere quelle ferali porte, e un numero immenso di quelle sante anime se ne volarono al cielo, corteggiate dai loro santi Angeli custodi.

Non dimenticai ancora di pregare per la salute eterna di tutti i miei benefattori, e nuovamente mi promise Dio che li avrebbe tutti salvati. Mi diede Dio a conoscere, ancora, molte cose riguardanti i presenti bisogni della santa Chiesa e le sue giuste determinazioni, che a suo tempo avrebbe prese sopra di essa.

 




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