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Beata Elisabetta Canori Mora
Diario

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  • PARTE TERZA – ALLA MAGGIOR GLORIA DI DIO (Dal 1820 al 1824)
    • 59 – DOVE GIUNSE L’ARTE DIABOLICA
      • 1. Racconto quello che volevo tacere
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59 – DOVE GIUNSE L’ARTE DIABOLICA

 

1. Racconto quello che volevo tacere

 

Con molto mio rincrescimento e grave mia pena, torno in fine dei presenti fogli, come promisi negli antecedenti, a dare ragguaglio di altri patimenti sofferti. Mi accingo dunque nuovamente ad affliggere il cuore e a tediare l’orecchio di chi legge con altro funesto racconto, per manifestare fin dove giunse l’arte diabolica per farmi arrendere alle loro diaboliche voglie e per strapparmi dal seno di Gesù Cristo, e rendermi loro seguace col darmi in preda alle passioni; ma niente fecero tutte le loro maliziose arti. Troppo forte è il vincolo con cui Dio si è degnato legare e stringere la povera anima mia al cuore suo santissimo. Non furono, per la grazia di Dio, bastanti tutte le sorti dei loro artifici. Anche i patimenti, le pene, le angustie che mi facevano provare mi stringevano viepiù al mio Dio, e sempre più mi trovavo a Dio unita e legata con catene di dolcezza e di soavità

Proseguo dunque il funesto racconto seguitomi fino dai primi giorni del mio patire, il quale fatto volevo tacere per non essere tanto molesta, e per non stancare la sofferenza di vostra paternità reverendissima col raccontare cose che non paiono credibili, ma pure il fatto è così. Scrivo avanti al mio Gesù crocifisso, al quale con molta frequenza mi raccomando e chiedo lume affinché mi dia grazia di scrivere con purità e semplicità di spirito, e devo confessare, a mia maggior confusione, che non sarei stata al certo capace di scrivere quanto ho scritto senza il suo divino aiuto e particolare illustrazione, che mi comparte nel tempo che sto scrivendo. Per obbedire a vostra paternità e per non mancare al mio dovere, racconto quello che volevo tacere a bella posta per i surriferiti motivi di non essere tanto molesta.

 




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