Il giorno 25 marzo 1821, festa
dell’Annunciazione di Maria Santissima, dopo la santa Comunione, veramente ebbi
a morire per il forte rimprovero che ebbi dalla divina giustizia per essermi
fatta mallevatrice con l’offrirmi in unione dei meriti infiniti di Gesù Cristo
qual vittima di riconciliazione, affinché la divina giustizia non avesse, col
suo onnipotente braccio, vendicato giustamente con il furore della sua
inesorabile giustizia i tanti oltraggi ed enormi ingratitudini e nefandità che
si commettono dalla maggior parte degli uomini, che a briglia sciolta camminano
la via della perdizione.
Mi vidi dunque in un momento quasi sopraffatta dai fulmini dell’irato suo
sdegno, che cercava da me soddisfazione. Intimorita ed oppressa non sapevo cosa
rispondere per mia discolpa, mentre, per mezzo di lume interno, chiaramente
conoscevo il disprezzo e l’abuso che si fa della divina misericordia di un Dio
di infinita maestà.
Questi uomini, miserabili e senza senno, altro non fanno che rendere a Dio
male per bene, abusando della sua infinita misericordia. Ogni giorno più
divengono baldanzosi e superbi, cercando di conculcare la santa fede e la sua
divina legge con opere e dettami i più nefandi di miscredenza e di apostasia,
servendosi delle stesse parole delle sacrosante Scritture e santi Evangeli per
pervertire i giusti sensi, per sostenere la loro perversa malizia e massime
indegne.
Sdegnato Dio da questi ed altri eccessi di iniquità, quasi pentito di avere
ascoltato le mie suppliche ed il povero mio sacrificio che da indegna
peccatrice avevo fatto per ordine di Dio medesimo e con il permesso del mio
padre spirituale, come si è riferito nei precedenti fogli. Vedendomi dunque
redarguita tanto aspramente dal mio Dio, e vedendomi balenare d’intorno i
fulmini della sua irritata giustizia, non sapevo a quale partito appigliarmi.
Piena di timore e di spavento, mi scusavo dicendo: «Mio Dio, luce eterna,
placate il vostro giustissimo sdegno irritato giustamente contro di me,
miserabile peccatrice. Ma per gli infiniti meriti del vostro santissimo
figliolo e per la sua vita, passione e morte, abbiate misericordia di me,
placatevi per la vostra infinita carità, prendete sopra di me qualunque
soddisfazione, purché resti placata la vostra divina giustizia. Eterno mio Dio,
perdonate il mio ardire, per l’assunto che mi sono incaricata di sostenere l’iniquità
degli uomini, ma mi protesto che altro non cerco, altro non bramo, altro non
desidero che la maggior gloria vostra. A questo solo fine mi indussi a pregarvi
e farmi mallevatrice di sì forte incarico». E volgendo le mie afflitte pupille
gemebonde dal dirotto pianto, con interrotti sospiri, tremante qual foglia
all’urto di rapido vento, tutta inorridita dallo spavento, riconcentrata
nell’abisso del mio nulla, mi volgevo verso l’umanità di Gesù Cristo, e così
presi a parlare: «Amorosissimo mio Gesù, voi voleste e mi comandaste che mi
offrissi al vostro divin Padre in unione dei vostri santissimi meriti. Vi prego
di aiutarmi adesso, in questo doloroso conflitto: la sua giustizia è contro di
me. Aiutatemi, Gesù mio, e non permettete che l’anima mia perisca».
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