2. Prima e dopo la comunione
Il giorno 4 luglio 1821, nella santa
Comunione, ero tutta annientata in me stessa nel considerare l’infinita bontà
del mio Dio, che fra pochi momenti dovevo ricevere nel santissimo sacramento
dell’Eucaristia. Volevo e non volevo accostarmi a riceverlo: volevo accostarmi
per il grande desiderio ed amore che sentivo verso il mio Dio sacramentato, non
volevo accostarmi perché mi riconoscevo affatto indegna. Piangevo amaramente le
mie grandi ingratitudini: «Ah Gesù mio», dicevo, «l’amore, il trasporto che
sento verso di voi, sacramentato mio bene, mi obbliga, mi necessita di
ricevervi in questo sacramento d’amore, anzi vorrei ricevervi ogni ora, ogni
momento. Ah, sì, Gesù mio, vorrei ricevervi più volte che non respiro, ma la
mia indegnità, la mia cattiva corrispondenza mi obbliga di allontanarmi da voi.
Mio Dio, che farò se mi allontano da voi per riverenza? Ah, non mi regge il
cuore di partire da questo sacro altare. Perdonate per carità il mio ardire.
Voi non sdegnate i peccatori pentiti. Eccomi dunque ai vostri santissimi piedi,
come una pentita Maddalena con le mie lacrime li laverò, ma io non ho i capelli
per asciugarli. Prenderò il povero mio cuore e come in guisa di un pannolino
asciugherò i vostri piedi santissimi, così il povero mio cuore resterà asperso
del vostro preziosissimo sangue, che scaturisce dalle gloriose cicatrici che
avete voluto conservare nel vostro santissimo corpo glorioso. Sì, Gesù mio, in
quel prezioso balsamo astergerò il mio cuore».
Con questo umile sentimento e con abbondanti lacrime mi accostai a
riceverlo. Fatta la santa Comunione si concentrò il mio spirito, e in questo
tempo mi si diede a vedere l’umanità santissima di Gesù Cristo. Qual bellezza!
Qual splendore! Qual rapimento di spirito, non so spiegarlo. La povera anima mia
con grande rispetto e profondissima umiltà e molta venerazione si prostrò ai
suoi santissimi piedi, con profluvio di lacrime che dai miei occhi a gran copia
versavo.
«Asciuga pure i miei piedi», mi disse
Gesù Cristo, «asciuga pure, mi dài piacere. Ricevo il tuo umile sentimento con
mia somma compiacenza».
Ed intanto prese il mio povero cuore nelle sue santissime mani, sotto la
forma di pannolino, e con grande compiacenza se lo stringeva al suo
amorosissimo cuore; poi lo stringeva fra le sue santissime mani; poi lo piegava
e lo volgeva ora da una parte, ora da un’altra, compiacendosi di vederlo nelle
sue mani tanto pieghevole e flessibile.
Era dunque il pannolino nelle mani di Gesù Cristo divenuto così bello e
così risplendente che rapiva il mio sguardo, e sopraffatta da una profonda
umiltà, andavo contemplando l’infinita bontà del mio Dio, e piena di
ammirazione e di stupore, andavo ripetendo: «Mio Dio, cosa mai trovate in me,
che tanto vi piace? Io altro non sono che un cumulo di iniquità».
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