Fatta la suddetta preghiera, dette queste
ultime parole, con viva fede, speranza e amore ardente, con profluvio di
lacrime che a larga copia dagli occhi versavo, parte per il grave timore di
vedermi perseguitata dalla divina giustizia, parte per il grande amore che
sentivo verso Dio, compiacendomi di essere ancora da lui perseguitata, per
dargli piacere, e così soddisfare pienamente la sua santissima volontà.
Piangevo ancora per vedermi assicurata nel cuore amorosissimo di Gesù
Cristo, in questa piaga santissima l’anima mia si abbandonò, godendo una
perfetta calma si sopì tutta in Dio, e dolcemente riposò nella speranza, nella
fiducia che le comunicava il medesimo Dio.
Dopo essermi così dolcemente riposata ed insieme ricreata nell’amor santo
di Dio, se ne stava il mio spirito in una perfetta tranquillità, godendo un
intimo raccoglimento di tutte e tre le potenze dell’anima le quali stavano in
perfetto silenzio tutte riposate ed intimamente unite in Dio; mentre stavo in
questo perfetto e dolce riposo, così mi parlò Dio, a mia confusione ben grande,
ecco le sue parole che per obbedienza le scrivo, profondata nel proprio mio nulla. «Figlia», mi disse, «diletta mia,
amica mia, sposa mia, riposa in pace, non temere il furor dei tuoi nemici, chi
ti potrà nuocere, chi ti potrà sovrastare, se io sono con te? Tu sei spada al
mio fianco, sei scettro nella mia mano, sei corona nel mio capo...» A
queste misteriose parole, si destò il mio spirito, senza però alterare la pace
e la tranquillità che godeva, più col sentimento del cuore e con l’affetto
dell’anima andavo nella mia mente considerando e contemplando le suddette
misteriose parole.
«Mio Dio», diceva, «verità infallibile, come? io spada al vostro fianco, io
scettro nella vostra mano, io corona nel vostro santissimo capo?». E con
lacrime abbondantissime, mi umiliavo profondamente: «Mio Dio, io che sono la
più indegna peccatrice che abita la terra e non merito che dal vostro augusto
trono gettiate neppure un’occhiata sopra di me?». E piangendo dirottamente, mi
trovai molto umiliata e mortificata, perché non distinguevo il senso delle
suddette misteriose parole; ma un raggio di eterna luce rischiarò la mia mente
e mi fece bene intendere il significato delle misteriose parole; e così tutta
mi consolai ed ecco il sentimento che ne
ebbi: «Le parole che udisti non tendono che alla mia gloria, mia diletta
figlia, non ti rammaricare in te stessa, tu dubiti di troppo inoltrarti, hai
ragione, l’umile tuo sentimento mi dà piacere, ma il tuo soverchio timore nasce
perché non sai interpretare il giusto senso delle mie parole, ma riflettile
bene, perché per mezzo della mia grazia, nel giusto senso le comprenderai».
E difatti così fu. Conobbi chiaramente che la spada a nulla vale per se
stessa, se non quando è impugnata da una mano guerriera, che la sappia
adoperare; uno scettro a cosa serve? solo si stima in mano di un potente
sovrano; cos’è per se stessa una corona, nobilitata viene allor quando il
sovrano lascia che cinga il suo capo regio o imperiale; sicché vengono questi
ornamenti medesimi a nobilitarsi, ad ingrandirsi, per la nobiltà del
personaggio che si degna di usarli.
Persuasa di questa verità, mi compiacqui altamente in Dio e nella medesima
sua grandezza, compiacendomi e sprofondandomi nella mia bassezza, confessando
con straordinario giubilo di essere un nulla dinanzi al cospetto di Dio, come
ancora al cospetto del cielo e della terra, e di tutti gli uomini. Qual
consolazione rechi alla povera anima mia la cognizione di questa verità, non mi
è certo possibile poterlo spiegare, perché l’anima allora si trova nella vera
sua proprietà e vera cognizione quando con giustizia conosce e confessa essere
un vero nulla, e così viene a rendere tutto l’onore e la gloria all’immenso,
all’incomprensibile Dio, per il quale la povera anima mia si strugge d’amore in
lacrime per la compiacenza di conoscere il bene sommo che è Dio e in Dio.
Dal giorno 8 dicembre 1821 fino al giorno 23 del medesimo mese, il mio
povero spirito l’ha passati in gravi patimenti ed affannose pene; ma queste
medesime pene erano alleggerite dai conforti che mi venivano, di tratto in
tratto, somministrati dalla grazia del Signore, specialmente nella quotidiana
santa Comunione, assicurandomi Dio della sua speciale protezione e del suo
aiuto, in tutti i miei travagli ad afflizioni di spirito di cui ne andava
ricolmo. Così restava consolato e fortificato il mio spirito in tante e sì
acerbe pene.
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