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Beata Elisabetta Canori Mora Diario IntraText CT - Lettura del testo |
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6. Persi di vista il mio Dio
Passati i tre giorni, perdetti la vista del mio Dio, niente più vidi, niente più capivo della situazione dell’anima mia. Oh Dio, qual pena! Non è esprimibile! Ecco, tutto ad un tratto, si trovò il mio spirito in folte tenebre, in questa penosa sottrazione, con somma premura andavo cercando il divino mio pastore, fra gemiti e pianti, affannosi sospiri. Andavo fra selve, monti e boschi, raminga cercando il mio amato pastore; ma, per quante diligenze facessi, non lo potevo rintracciare, mi affliggevo, amaramente piangevo, per avere così rapidamente perduto il mio amato tesoro. Dubitavo di aver dato a lui qualche disgusto, piangevo dirottamente, rimproverando me stessa per averlo perduto di vista, ne incolpavo la mia negligenza, la mia cattiva corrispondenza. Ah sì, a questa ne davo la colpa: «Avete ragione», dicevo, «avete ragione, o mio Dio, di abbandonarmi! Confesso umiliata la mia ingratitudine. Deh, Gesù mio, perdonatemi per carità, prendetevi qualunque soddisfazione, castigatemi come volete, ma fatevi dalla povera anima mia trovare. Io non reggo senza vedervi. Io ho perduto l’intima vostra presenza, per carità scopritevi al mio intelletto. Ditemi dove siete nascosto. Dove siete andato tanto lontano da me». Con una canzoncina amorosa, sfogavo il mio dolore, ne pongo qui varie strofette:
Piango, né può giammai Dove, mio ben, tu sei? Ove da me ne andaste misera senza te. tutto mi fa spavento, E se per me non mai, sappi che tua pur sono e sempre tua sarò. fuggimi quanto vuoi, sempre ti seguirò.
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