Correva l’anno 1804, quando il mio Dio mi fece
vedere da quale pericolo mi aveva salvato per mezzo della sua infinita
misericordia, mi fece vedere in quale stato si era ridotta la povera anima mia
per i miei peccati. Mi vidi dunque in una caverna profondissima, afferrata da
forti e orrendi giganti, che erano sul momento di uccidermi, mentre mi trovavo
distesa sul suolo e questi forti giganti avevano posto il loro forte ginocchio
sopra il mio petto, impugnato avevano un tagliente ferro, lo avevano appuntato
alla mia gola, erano sul momento di uccidermi. In questo pericolo così
eminente, invocai il mio Dio, acciò mi salvasse la vita. Immediatamente vedo
apparire una luce chiarissima, all’apparire di questa si misero in fuga i forti
giganti. La misera situazione in cui ero non mi permetteva di potermi da me
alzare. Proseguo dunque a raccomandarmi al Signore, quando vedo apparire, in
mezzo a quella luce forte braccio, nobile mano che mi trasse fuori dal mortale
pericolo. Stavo rendendo infinite grazie al mio Dio, e immersa nel pianto, per
avere veduto in quale stato mi avevano ridotto i miei peccati, quando sonora
voce così mi parla: «Eri già esangue quando ebbi compassione di te. Se la mia
misericordia non fosse stata tanto liberale, cosa sarebbe di te?». A queste
parole fui sopraffatta da sommo timore.
Non tardò il demonio con le sue insidie di
desuadermi dall’intrapreso metodo di vita, mentre ad altro attendevo che alla
santa orazione, alla pratica delle sante virtù, particolarmente alla
mortificazione dei sentimenti, ero molto diligente di mortificare gli occhi, e
la gola procuravo di mai soddisfare; quando questo forte nemico mi fece
intendere, per mezzo di vive suggestioni, che avessi pure dimesso il pensiero
di attendere alla vita spirituale, mentre sarebbero tali e tante le forti
tentazioni; persecuzioni e insidie che lui avrebbe ordito contro di me, che
vittima sarei restata della sua forza. Le insidie di costui mi rendevano molta
pena; perché scioccamente mi dava a credere di non poter resistere alle forti
battaglie di questo orgoglioso nemico.
Una mattina, dopo ricevuta la santa
Comunione, con santa semplicità raccontai tutto a Gesù Cristo, e piangendo gli
dicevo: «Gesù mio, sicuramente resterò vinta, Gesù mio, pensateci voi». In questo
tempo fu sopito il mio spirito, e il mio caro Gesù mi si diede a vedere sotto
forma di pastorello. La povera anima mia la vedevo in forma di pecorella,
questo divino pastorello mi chiamava a sé, dopo avermi accarezzato, pose sopra
la mia fronte prezioso segno, e mi fece intendere che, per parte di questo
segnale, nessuno dei miei nemici mi avrebbe potuto prevalere
Incominciai in quel momento a sperimentare
i buoni effetti, intesi in quel momento somministrare al mio spirito forza sufficiente
per vincere i miei forti nemici, sicché da timida pecorella passai a possedere
la forza di forte leone, armata di fede, di speranza e di carità in quello che
tutto regge e governa, io stessa sfidai i miei orgogliosi nemici.
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