Riprendo
il filo del racconto.
Dio, per sua infinita bontà, proseguiva con interne illustrazioni a farmi
contemplare la passione e morte del suo divino figliolo, e il frutto che ne
riportava l’anima mia era un eccessivo dolore dei propri peccati, piangevo
amaramente la mia cattiva corrispondenza ai tanti benefici ricevuti, una chiara
cognizione della propria mia viltà, che mi faceva umiliare fino al profondo del
mio nulla.
Questi interni lumi mi facevano ardentemente bramare il santo amore di Dio,
per così corrispondere con fedeltà; ma, conoscendo che da me niente posso,
pregai il Signore, con molte lacrime e ferventi preghiere, acciò si degnasse
inviarmi un dardo della sua divina carità, simile a quello che mi donò in
principio della mia conversione. Così gli dicevo umilmente: «Mio buon Dio,
replicate il colpo alla durezza del mio cuore, non basta un sol colpo di amore.
Sì, mio Dio, replicate il colpo con maggior forza e vigore; sono venti anni che
mi colpiste il cuore con dardo prodigioso del vostro santo amore; mio Dio, un
altro colpo ci vuole all’indurito mio cuore, acciò tutto s’infiammi del vostro
santo amore!».
Con queste ed altre simili espressioni, che mi venivano suggerite dal vivo
desiderio di corrispondere, fedele al mio Dio, mi stemperavo di amore in
lacrime di gratitudine, sperando, dalla sua infinita bontà, di ottenere la
grazia. Pregavo ancora Maria santissima ad essere mia mediatrice.
Non furono vane le mie speranze, né andarono a vuoto le povere mie
preghiere. La grande Madre di Dio si degnò esaudirmi, e mi ottenne il dardo di
amore tanto da me desiderato.
Il giorno che correva la festa del Santissimo Rosario, il dì 8 ottobre 1822
mi ero preparata nei giorni antecedenti a questa festa con ritiro, orazioni,
lacrime e altre piccole mortificazioni.
La mattina della festa, nella santa Comunione, mi apparve Maria santissima
e mi recò la felice nuova, che in quella mattina stessi preparata che avrei
ottenuto la grazia; qual fosse il mio contento a questa felice nuova, ognuno lo
può immaginare, quanto grandi fossero ancora i miei umili ringraziamenti, verso
questa divina Madre, non posso esprimerlo.
Si raccolse viepiù il mio spirito, e circa due o tre ore dopo questa divina
ambasciata, fu il mio spirito corme da mano invisibile trasportato in un
altissimo luogo di luce ripieno, vedo dall’alto dei cieli scendere Gesù Cristo,
corteggiato da una moltitudine di angeli. Il divino Signore con volto piacevole
e maestoso, tutto raggiante di luce, alla povera anima mia rivolto, pieno di
piacevolezza ed amore, l’anima intanto sorpresa da sì bella vista, fu
sopraffatta da santo timore, si sprofondò nell’abisso del suo nulla alla
presenza del suo divino Signore, e piena di confusione e di rossore, per
vedermi in mezzo a tanta magnificenza, non poteva contenere lo splendore che
tramandava il mio divino Signore, mi balzava in petto il cuore per il contento,
ma il rispetto, la venerazione, la stima intimorivano il mio cuore.
Ecco che ad un tratto cento e mille affetti insieme assalgono il mio cuore,
e in deliquio di amore cadde distesa l’anima mia ai piedi santissimi del suo
divino Signore.
Quando caduta mi vide,
distesa ai piedi suoi, con dolce strale di amore prima ferì il mio cuore e poi
me lo rapì.
Io tutta di amore mi accesi,
in mezzo a mille affanni, per il desio di amore. Allora unita mi vidi al nobile
suo splendore, l’anima piena di luce unita al suo divino amore, più non si
distingueva, neppur si conosceva l’anima dal suo Dio, ma una stessa luce pareva
insieme a lui. Di nobili e santi affetti sentivo ripieno il cuore. L’amore,
l’amore, l’amore, Dio mi faceva amar! Lo amavo? sì lo amavo, in maniera così
perfetta, che, annientata in me stessa, rendevo onore e gloria al mio amante
Signore.
Di più non posso dire, mi mancano i termini di potermi spiegare, parla più
il silenzio, che ogni eloquente espressione, mentre non si può comprendere da
noi l’amore grande che Dio porta a noi miseri mortali.
Questo favore tenne assorto il mio spirito per molti giorni.
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