4. Non ho mai visto cosa più bella
Digressione. Prima dell’anzidetto fatto per vari
giorni antecedenti a questo favore, il mio spirito era nella santa orazione
chiamato in una solitudine a contemplare di proposito la passione e morte del
nostro Signore Gesù Cristo, di maniera che l’anima mia la vedevo in questo
solitario luogo sotto la sembianza di vaga e leggiadra giovanetta, come
un’ombra tutta risplendente e bella, questa teneva nelle sue mani l’immagine
del suo bene crocifisso, teneva il suo sguardo fisso in quello, e con matura
riflessione andava ponderando le di lui pene.
Tutta si struggeva di amore in lacrime, stringeva nelle sue mani e al cuore
il crocifisso suo bene, compassionava intimamente i suoi dolori, si offriva ad
imitare i suoi esempi, facendo molte proteste ed altri atti di virtù, che mi
suggeriva la devozione e l’amore.
Passai in questo rapimento di spirito sette giorni, vale a dire dal giorno
14 ottobre 1822 fino al giorno 21 del medesimo mese; nel qual giorno 21 fu il
mio spirito nuovamente favorito dal Signore con grazia specialissima, la qual
grazia mi sembra molto difficile il poterla in scritto manifestare. Vivo quieta
però, per averla di già comunicata a voce a vostra paternità reverendissima,
giacché Dio permise che, quando mi seguì questo fatto, vostra paternità si
trovasse di persona in Marino, e così io ebbi la consolazione, per mia quiete,
di narrargli nello stesso giorno il fatto che mi era accaduto nello spirito nel
tempo della santa orazione.
Vostra paternità reverendissima mi fece coraggio e per mia quiete mi
assicurò essere questo un favore molto particolare, che mi aveva compartito Dio
per sua infinita bontà. Ricordo ancora che mi comandò che avessi scritto il
suddetto favore, da Dio ricevuto; ed io le risposi che mi si rendeva
impossibile il poterlo scrivere, perché mi mancava la maniera di poterlo
esprimere. Ciò nonostante, per non mancare alla santa obbedienza, mi accingo a
scrivere, invocando lo Spirito del Signore, acciò mi dia la grazia di poterlo
fare a maggior sua gloria. Mio Dio trino ad uno, datemi grazia di manifestare
le vostre incomprensibili misericordie, illuminate il mio intelletto, acciò
possa ridire quanto sono grandi le vostre grazie, i vostri favori, che vi
degnate compartire alla povera anima mia peccatrice, e peccatrice ben grande, per
avervi mancato di fedeltà e per la mia cattiva corrispondenza.
Mio Dio, mi umilio avanti a voi e confesso di essere quella che sono,
peccatrice ben grande, nonostante i vostri divini favori, ah sì, mio
amorosissimo Dio, vi prego di convertirmi una volta da dovero e farmi per mezzo
della vostra divina grazia corrispondere con fedeltà, fino all’ultimo respiro
della mia morte.
La sola sostanza del fatto scrivo, perché non mi riesce di poter spiegare.
Il giorno 11 ottobre 1822. Dio, per sua infinita bontà, sollevò il mio spirito
e lo condusse nei suoi divini tabernacoli, cosa più bella non vidi mai, né
giammai provai dolcezza uguale. Questa è un’unione tanto perfetta, che non ci
sono termini sufficienti di poterlo spiegare, valga il silenzio dove le mie
forze non possono arrivare. Io più di tanto non posso, non so manifestare,
valga quel poco che ho detto, per obbedire a vostra paternità.
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