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Beata Elisabetta Canori Mora
Diario

IntraText CT - Lettura del testo

  • PARTE TERZA – ALLA MAGGIOR GLORIA DI DIO (Dal 1820 al 1824)
    • 68 – IL PURGATORIO SI SPOPOLÒ
      • 3. Lontana dal mondo
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3. Lontana dal mondo

 

All’11 di novembre 1822 terminò la nostra villeggiatura, tornai in Roma con le mie due figlie, essendoci trattenute in Marino 45 giorni.

Dall’11 novembre fino al 7 dicembre 1822, il mio spirito in questo tempo sperimentò i buoni effetti di questi distinti favori, in questi giorni Dio si degnò farmi godere nell’intimo dell’anima un riposo, una quiete, uno straordinario raccoglimento, unito ad una presenza di Dio tanto amabile e cara che non ho termini di poterlo spiegare. Questa presenza di Dio cagionava nell’anima mia una profonda umiltà, un annientamento di me stessa, un bassissimo concetto di tutta me; questa umile cognizione mi faceva trattenere alla presenza di Dio, con santo amore e santo timore. Così passai i detti giorni.

 

Il 8 dicembre 1822, festa dell’Immacolata Concezione di Maria Santissima, mi accostai alla santa Comunione con molto raccoglimento di spirito, ma non fu di più. Passate circa tre ore dopo la santa comunione, tutto ad un tratto Dio si degnò sollevare il mio spirito ad una elevata contemplazione (io non so se questo favore possa chiamarsi contemplazione).

Mi dava dunque il mio Dio a vedere il suo divino splendore, per cui veniva illustrata la mia mente, e il mio intelletto restava tutto occupato in Dio, la mia volontà era tutta unita e medesimata in Dio. Nel trovarmi immersa in questo grande bene, domandai dove si trovasse il mio spirito, che tanto bene godeva, Dio per sua infinita bontà si degnò mostrarmi la situazione del mio spirito, e con parole me lo fece intendere: «Mira», mi disse, «o figlia mia dilettissima, l’amore mio verso di te fin dove giunse! Ti ha separato affatto dalla massa degli uomini, ti ha sollevato sopra questo monte, dove ora si trova l’anima tua, per solo conversare con me!». Altro punto ammirativo.

Tornò con trasporto d’amore a ripetere: «Mira, deh mira, o mia figlia carissima, quanto lontano si trova dal mondo sensibile l’anima tua».

Ed infatti io vedevo il mio spirito in un altissimo monte, molto lontano dal mondo, anzi separato affatto, ma in grande lontananza vedevo il misero mondo con i suoi seguaci immersi nelle crapule e nel libertinaggio, segnatamente li vedevo camminare senza fede, senza religione, conculcando la santa legge di Dio e i santi suoi comandamenti.

Questa cognizione riempiva il mio cuore di pena e di affanno, che mi amareggiava quel bene che io godevo in me stessa, perché ero sollecitata dall’amore del mio prossimo, sicché facevo per questi molte ferventi preghiere; la vista di questi infelici affliggeva grandemente il mio cuore, che in mezzo a tanto bene che godeva in me particolare si convertiva in una grave afflizione di spirito, al giusto riflesso del disonore che questi miseri fanno all’infinita bontà di Dio, e al danno che cagionano a loro stessi.

 




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