Non furono vane le mie speranze, né
andarono a vuoto le mie suppliche e le mie lacrime, che in molta copia versavo;
mercé la misericordia del mio Dio, puntualmente mi favorirono queste sante
virtù teologali, ma me le donò in un grado molto eccellente ed elevato, che
potei esercitare gli atti più sublimi di fede, di speranza, di carità.
Queste sante virtù mi additarono il mio Dio, l’anima dunque virtualmente
ritrovò il suo Dio, e tutta in Dio si riposò, ma senza vederlo, solo in virtù
della fede che mi assicurava con ogni certezza, sicché l’anima mia con
infallibile sicurezza si abbandonava e si riposava tutta in Dio, in virtù della
fede, questo è un atto molto meritorio per l’anima e tanto caro a Dio, che
altamente se ne compiace, perché rende a Dio molta gloria e molto onore, ma
peraltro dobbiamo confessare che questi atti di virtù, tanto eminenti ed
eccellenti, non si possono da noi praticare senza una grazia speciale di Dio,
sicché la povera anima mia altamente se ne confonde, dopo di aver praticato sì
eccellenti virtù, si umilia profondamente e ne rende la più affettuosa grazia
al suo Dio, confessandomi affatto incapace di esercitare questi atti di virtù.
L’anima dunque, per rendere onore e gloria all’amato suo bene, si
compiaceva di proseguire a stare in quelle folte tenebre, ed intanto, con la
grazia del Signore, si andava esercitando in queste sante virtù teologali, non
trascurando ancora l’esercizio delle altre virtù, non desiderando altro che di
piacere e compiacere il mio Dio, non curando più me stessa, né il mio grave
patire, ma solo abbandonata al beneplacito dell’amato mio bene.
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