Per ordine del mio padre spirituale
riporto le gravi molestie che ho dovuto soffrire dal nemico tentatore, che
voleva a tutto suo costo impedire che io scrivessi quanto passa nel mio spirito
nel tempo delle orazioni, con le sue diaboliche suggestioni mi ha sempre
perseguitata, acciò non scrivessi; solo Dio sa quanto mi costano questi
scritti, quante fatiche e pene ho dovuto soffrire dalla diabolica suggestione,
che si trova sempre pronta, quando scrivo per confondermi e farmi credere che
quello che passa nel mio spirito nel tempo delle orazioni altro non è che un
gioco della mia fantasia alterata, che mi fa vedere tutte quelle rappresentanze
fantastiche.
La suggestione mi dice: «Non curare, né raccontare al confessore quello che
ti salta per il capo nel tempo dell’orazione, disprezza tutte queste cose, se no
andrai ad intisichire, vedi quanto aggravio ti porta il vivere così tediata e
concentrata, sciocca che sei, potresti fare una vita allegra e contenta senza
tanti pensieri; lascia lo scrivere, non far caso a quanto segue nel tuo
spirito, allora potrai divertirti e stare allegra, non dare ascolto al
confessore che non sei obbligata di obbedirlo quando ti comanda
imprudentemente».
Non solo queste, ma tante altre cose mi suggeriva per persuadermi di
lasciare affatto la vita interiore, era tanto forte la tentazione che mi dava
gravissima angustia e molte volte sono stata sul punto di stracciare i miei
scritti in minutissimi pezzi.
Il nemico mi voleva persuadere dicendomi che andavo formando il mio
processo, che questi scritti sarebbero stati l’eterna mia condanna, a queste
forti suggestioni io sentivo una pena grandissima, perché mi si ottenebrava la
mente e non potevo discernere il vero dal falso, tanto più che mi diceva la
verità. «Non vedi», diceva, «che sei una sciocca senza senno, non sei capace al
certo di penetrare tanto alto, sei una miserabile, sei un’indegna, in te altro
non c’è che sogni e vaniloqui».
Queste ragioni mi pareva che mi quadrassero, perché è vero, verissimo che
io sono una scellerata, una sciocca, una insensata, perché ho offeso tante
volte gravemente il mio Dio tanto buono; a questo riflesso mi mettevo a
piangere e facevo forte ricorso al mio Signore Gesù Cristo, il quale, per sua
infinita bontà, immantinente mi dava soccorso con l’illustrare la mia mente;
così conoscevo il vero dal falso spirito, che mi voleva subornare con le sue
menzogne, così tornava la calma al mio cuore e godevo una pace di paradiso, e
una semplicità molto particolare mi campartiva Dio, allora raccontavo tutto al
mio Dio quanto mi era seguito come se Dio niente ne sapesse di quanto avevo io
patito e questo lo facevo con tanta puerilità, tutta propria dei fanciulli,
quando raccontano ai loro genitori le loro angustie, così si convertiva la mia
luttuosa scena, in un paradiso di contento, e potevo scrivere tranquillamente
per molti giorni, ma poi si tornava da capo a combattere con la medesima
suggestione e prosegue a molestarmi tuttora quando scrivo i noti fogli.
Ma non tutte le volte mi era permesso né potevo fare questo ricorso al mio
Dio, perché permetteva il Signore che la diabolica suggestione mi inviluppasse
di più la mente, e così dovevo patire e soffrire pene molto grandi, perfino a
sospendermi le potenze dell’anima; in mezzo alla confusione delle suggestioni,
che io non capivo più, tenevo le carte avanti ma non potevo fare neppure una
parola, sentivo uno stringimento interno che mi pareva di morire, non
ricordarmi più le lettere che compongono le parole, scrivevo una lettera per
un’altra, scrivevo affatto fuori di senso.
Nel vedere questi cattivi effetti, ero ancora tentata di impazienza contro
me stessa e contro ancora il mio direttore, per avermi imposto questa
obbedienza, per quanto mai io possa dire, mai dirò quanto mi costino questi
scritti, torno a dire che solo Dio lo sa, che mi ha dato la forza, la grazia di
superare questi forti ostacoli.
Per ordine del mio padre spirituale prendo a raccontare un’altra sevizia
sofferta dalla diabolica suggestione.
Nell’anno 1823, in cui ci troviamo, per la grazia di Dio, nel mese di
febbraio, giorno 17, la sera stavo nel mio oratorio trascrivendo dal giornale
vari fatti accadutimi negli scorsi mesi di ottobre, novembre e dicembre, per
darne il dovuto discarico al mio padre spirituale. In questo tempo mi assalì
improvvisamente la suggestione diabolica, che provò a fare crudo scempio di me,
cosa non disse, cosa non fece per sovvertirmi, poco mancò che io non facessi in
minutissimi pezzi i miei scritti, tanto fu la diabolica oppressione e
l’angustia che mi dava, dicendomi: «Strappa quei fogli, che queste non sono
cose da darsi alla luce, è un grande sciocco quell’uomo del tuo confessore, che
ti fa scrivere queste baggianate, tu sei una pazza e non ti avvedi che dici
cose che sono affatto non solo credibili, ma del tutto impossibili; queste sono
cose tutte da riprovarsi e non da approvarsi. Non ti fidare, ché il tuo
confessore ti inganna, bella figura fai tu di sollevarti tanto alto! non vedi
che sei una miserabile, che sei piena di miserie e peccati?».
A queste verità io viepiù mi inviluppavo, perché conoscevo essere questa
verità, che sono la creatura più miserabile, più peccatrice che abita la terra.
In questo caso così funesto mi rivolsi al mio Dio, piangendo dirottamente,
confessando questa verità che sono una miserabile, una peccatrice. Mi posi in
ginocchioni, con la fronte per terra, ed in questa positura mi trattenni più di
mezz’ora, invocando il nome santissimo di Gesù, facendo fervide preghiere,
ottenni la liberazione di questa diabolica molestia, ad un tratto tornò la
calma al mio cuore, così potei tornare a scrivere con somma pace e
tranquillità, godendo una quiete di paradiso.
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