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Beata Elisabetta Canori Mora
Diario

IntraText CT - Lettura del testo

  • PARTE TERZA – ALLA MAGGIOR GLORIA DI DIO (Dal 1820 al 1824)
    • 71 – TI INVITO A MORIRE IN CROCE
      • 1. Doloroso viaggio al Getsemani e al Calvario
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71 – TI INVITO A MORIRE IN CROCE

 

1. Doloroso viaggio al Getsemani e al Calvario

 

Il 10 febbraio 1823, la sera del giovedì, circa le ore due di notte italiane, stavo nel mio oratorio, quando improvvisamente si concentrò il mio spirito, per attendere ad una intima chiamata del suo Signore; non sapendo cosa dovevo fare, stavo tutta raccolta e concentrata, aspettando l’ordine del mio Signore. Ecco che tutto ad un tratto sono condotta da mano invisibile all’Orto di Getsemani, e quivi sono invitata a patire, a soffrire le ambasce già sofferte dal nostro divino Redentore; ecco che fui assalita da gravissimo affanno e da pene intensissime, la desolazione, la mestizia, il timore, mi facevano agonizzare l’anima; mi trattenni in questo doloroso conflitto buone tre ore, che credevo veramente di finire la vita, per gli interni ed esterni patimenti, un gelido sudore bagnava tutto il mio corpo, uno svenimento interno mi privava di forze, la desolazione, la tristezza interna mi rendeva incapace di ogni umana sensazione; in questo stato, alla meglio che potei, mi coricai nel letto, per dare alquanto riposo alle mie afflitte membra, ma quando credevo di aver terminato il patire, e pensavo di dare qualche conforto all’afflitto mio spirito, fui nuovamente invitata a fare il viaggio afflittivissimo del monte Calvario.

L’anima mia, nonostante che si possa dire semiviva per le pene sofferte nel Getsemani, non ricusò l’invito, ma piena di coraggio, affidata al divino aiuto e agli infiniti meriti di Gesù Cristo, intraprese il doloroso viaggio.

Cosa mai patì, io non so dirlo! perché fu tanto grande e grave l’acerbità delle pene che soffersi, interne ed esterne, che restarono preoccupate le potenze dell’anima e i sentimenti del corpo; in mezzo a tante ambasce, che posso dire di essere stata immersa in un mare amarissimo di affanni e di pene, che io medesima che le soffrivo non le comprendevo, perché superavano la mia ragione, il mio intendimento, le mie forze; io debbo confessare, a mia confusione, che se non perdetti la vita in questo dolorosissimo conflitto, si deve attribuire alla particolare grazia di Dio, che si degnò sovvenire l’anima e il corpo. Io non so dire se terminato il doloroso viaggio l’anima fosse ancora crocifissa, perché l’intenso dolore del viaggio mi privò affatto di ogni altra cognizione.

Il fatto si è che, per lo strazio sofferto, interno ed esterno, mi si agitarono tutti gli umori del corpo, e mi venne una febbre tanto gagliarda e forte, che mi durò tre giorni continui, e dovetti guardare il letto, sentendomi molto male; questo fu sabato, domenica e lunedì.

 




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