Il martedì notte, 15 febbraio 1823, il
Signore si degnò confortare il mio spirito e guarire il mio corpo con la sua
divina presenza, stando tutta la notte in mia compagnia, mentalmente
trattenendosi con il mio spirito in santi ragionamenti, comunicandogli
particolari illustrazioni, mi fece sperimentare gli affetti più vivi del suo
santo amore; oh come l’anima mia apprendeva le celesti dottrine che le
insegnava il suo divino maestro! oh come si struggeva di santo e puro amore,
disfacendosi in lacrime tenerissime di santi affetti, oh come si umiliava profondamente,
desiderando di possedere tutte le sante virtù, per piacere al suo divino
maestro! oh come desiderava di imitare i suoi esempi! oh quanto desiderava di
diventare perfetta e santa, a sua maggior gloria!
Oh notte santa! oh notte benedetta, che si degnò Dio di tanto favorire
l’anima mia! oh notte degna che un’altra simil notte forse per me non tornerà
più, perché sono tanto scellerata, tanto peccatrice, che sono indegna di simili
favori di Dio, perché non mi so approfittare delle sue divine misericordie, ma
sempre ingrata qual tigre ircana ai benefici del mio Signore.
Ah, mio amorosissimo Dio, quando sarà che io termini di essere tanto
ingrata con voi, che siete con me lo stesso amore, la stessa bontà? ah, mio buon
Dio, io sono risoluta di corrispondervi con fedeltà, fino all’ultimo respiro
della mia vita, vi supplico, con il più vivo sentimento del cuore, a concedermi
la grazia della corrispondenza e della perseveranza.
La mia malattia, che compariva molto seria sul principio, in un istante
cessò; perché, come già dissi, il Signore, per sua bontà, mi guarì in un
istante, e così potei lasciare di guardare il letto, avendo riacquistato le
primiere forze.
Non lasciò Dio, per sua bontà, di consolare la povera anima mia, che si
trovava in una penosa desolazione di spirito, ma di tratto in tratto la
favoriva con certe locuzioni interne, e così si faceva sentire dalla desolata
anima mia, la quale esultava, in mezzo a quelle folte tenebre, al suono della
sua divina voce; oh come in un momento passava dalla desolazione alla
consolazione, e in un momento passava dalle tenebre alla luce, e dall’aridità
passava ad una gioconda soavità; i miei occhi inorriditi ed asciutti in un
momento erano arricchiti di abbondantissime lacrime, uniti ai sentimenti più
eccellenti delle sode e vere virtù.
Ma tutto questo bene, o Dio, a mia confusione lo dico, non erano in me
permanenti, ma solo duravano tanto quanto Dio si degnava trattenersi con me,
appena Dio si ritirava la povera anima tornava nella sua amarissima
desolazione, soffrendo pene non meno che mortali, che mi facevano agonizzare.
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