72 – CONGIUNTA CON L’ETERNO BENE
Riporto quanto mi seguì nello spirito il
dì 19 marzo 1823, festa del glorioso patriarca san Giuseppe, dopo la santa
Comunione era il mio cuore pieno di tristezza e timore, era tutto intento il
mio spirito a considerare la propria sua miseria, la propria sua viltà, era
tutto annientato in se stesso, si umiliava profondamente dinanzi al suo Dio,
spargendo lacrime di compassione, si presentava al suo Signore, mostrandogli la
propria viltà e miseria, quando Dio, per sua bontà, sollevò l’anima mia da
questo grande inviluppo in cui giaceva, e le tornò a mostrare quel monte, e le
diede a vedere quanto cammino ella aveva fatto in poco tempo, per mezzo della
sua santa grazia.
L’anima stupì nel vedere che tanto aveva camminato, perché mi credeva di
non avere ancora dato un passo, vidi dunque l’anima mia che aveva di già scorso
l’aspra strada del monte e si era inoltrata in quella altura, avendo già fatto
molte miglia di quella strada, vedeva di aver fatta la più malagevole, nel vedere
che in tanto poco tempo aveva fatto un sì lungo e disastroso viaggio. Mi
rallegravo nel Signore e prendevo un poco di coraggio e ne rendevo i più umili
ringraziamenti al Signore, ma restavo attonita e confusa, perché conoscevo di
non aver fatto niente per amore di Dio, anzi dovevo confessare di essermi
portata malissimo e di aver commesso delle mancanze e difetti, di essere stata
ingratissima a Dio: piangevo dunque la mia ingratitudine e la mia stoltezza e
ne domandavo umilmente perdono al mio buon Dio, il quale prese a consolarmi con
dolci ed amorose parole e per assicurarmi che l’anima mia godeva la sua
particolar grazia; me la diede a vedere sotto l’immagine di leggiadra donzella,
tutta vestita di candidissime e risplendentissime vesti, sopra le quali portava
un adornamento di colore rosso, ma tanto bello che io ne restavo ammirata e
piena di stupore nel vedere adornamento sì bello e maestoso, vedevo poi che Dio
prendeva per sua bontà tanta compiacenza in questo puro spirito, così
riccamente adornato della sua divina grazia, che l’univa a sé in un modo molto
particolare e santo. L’anima intanto godeva in se stessa un bene così puro e
perfetto, che in quei felici momenti mi pareva di godere l’eterna beatitudine,
tanto l’anima mia era stretta, unita e congiunta con l’eterno suo bene Dio.
Questo distinto favore mi tenne assorta in Dio per lo spazio di tre giorni, che
poco e niente capivo le cose sensibili, nelle orazioni e nella santa Comunione
restava il mio spirito tanto unito e stretto con il suo Dio, che l’anima mia
non distingueva più di abitare in questo mondo sensibile; ero sopraffatta da un
profondo e dolce riposo che mi faceva dimenticare le cose tutte della terra.
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