5. Vieni appresso a me
In questo stato di derilizione si
trattenne il mio spirito per lo spazio di 12 giorni, vale a dire dal 21 aprile
fino al 3 maggio 1823.
La notte del 2 maggio mi trattenevo nel mio oratorio orando, quando
improvvisamente da interna voce sento dirmi: «Prepàrati, che domani devi di
nuovo intraprendere il cammino», questa nuova commosse il mio spirito in affetti
santi e devoti, ma molto mi intimorì l’invito, non sapendo qual arduo viaggio
dovessi intraprendere; tutto si concentrò il mio spirito, umiliandosi
profondamente chiedeva aiuto al Signore, pregandolo a volermi mostrare la
strada per dove dovevo camminare, supponendo di riprendere la mia croce in
spalla, per così salire l’erto monte.
La mattina del 3 maggio 1823, festa dell’Invenzione della santissima Croce,
ricevetti la santa Comunione con sommo raccoglimento di spirito, passai buone tre
ore in questo santo raccoglimento, mai niente vedevo di quanto la notte
antecedente mi era stato promesso, mai nell’ora quarta della mia orazione ad un
tratto si concentrò viepiù il mio spirito, e tornai di bel nuovo a vedere il
mio spirito, giacente per terra appoggiato alla detta pietra, quando in un
momento da mano invisibile fu il mio spirito levato in piedi, quello che mi
recò sommo stupore fu nel vederlo non più con gli abiti di prima, ma vestito da
pellegrino con lo sbordone in mano, i piedi scalzi, la testa scoperta.
«Mio Dio», dicevo, «che novità è questa mai?Mio Dio, io sono altamente
confusa! Degnatevi di farmi intendere questo cambiamento, questa improvvisa
mutazione, invece della croce trovo nelle mie mani uno sbordone, il mio solito
abito si è convertito in abito da pellegrino, che improvvisa mutazione è mai
questa? datemi la grazia di comprenderla».
In tempo che stavo così perplessa né sapevo consigliare me stessa,
ignorando le divine disposizioni, ecco improvvisamente uno splendore che tutta
l’interna vista mi abbagliò e riempì il mio cuore di celeste dolcezza. «Ah mio
Dio, mio Signore», esclamai, «ecco ai vostri santissimi piedi la vostra misera
serva», ma interrotte furono le mie parole dalla sua divina presenza; mi si
fece vedere l’umanità santissima di Gesù Cristo, sotto la forma di pellegrino.
«Figlia», mi disse, «ti conviene camminare per questa foresta. Io ti scorterò,
vieni appresso a me».
Il mio spirito ritroso nell’obbedirlo restò per qualche momento, dubitando
di essere ingannato, ma non ardiva spiegarlo, allora riprese a parlare il
nobile pellegrino e mi disse: «Seguimi pure, non temere di inganno, io sono la
vita, la via e la verità».
A queste parole tramandò dal suo petto una splendida luce di vita eterna,
che mi assicurò non esservi inganno, ma quello che mi parlava era il divino mio
Redentore; a queste parole, a questo splendore, il mio spirito profondamente si
umiliò, e pieno di ammirazione e di santo timore, con santa fiducia e con sommo
rispetto e riverenza, intrapresi il cammino per la foresta, andando appresso al
divino pellegrino, il quale dopo poco tempo mi si rese invisibile, lasciando un
raggio, di luce per guida al mio spirito; scortata da questo raggio, feci il
mio viaggio con molto profitto, mercé il divino aiuto. La mia ignoranza non mi
permette di spiegare i santi affetti, i buoni desideri, le celesti
illustrazioni, le alte cognizioni che il mio Dio, per sua bontà, mi comunicò;
oh, come in questo solitario viaggio conoscevo bene la differenza, la diversità
che passa fra i beni transitori di questa misera terra da quei veri beni eterni
che ci promette Dio, per mezzo degli infiniti meriti del nostro divino
Redentore.
Internata l’anima in queste infallibili verità formava le idee più alte, i
sentimenti più puri per poterle contemplare, gustando in modo molto particolare
queste eterne verità, ad onore e gloria del medesimo Dio e con somma
soddisfazione e consolazione del mio spirito, aborrendo ed odiando i vani e
superbi beni di questa misera terra che non sono che tristezza e afflizione di
spirito.
Il camminare in questo solitario luogo altro non fu che un disporre il mio
spirito a proseguire il suo viaggio al monte santo, come appresso dirò.
Il divino pellegrino, nell’invitarmi a camminare presso di lui per quella
foresta, mi fece bene intendere che in questa solitudine dovevo apprendere per
via di meditazioni e riflessioni molte cose appartenenti alla perfezione. In
questa solitudine l’anima mia fu ammaestrata in vari modi, vale a dire, per
cognizione, per illustrazione, per intelligenza. Al mio poco giudizio mi pare
di conoscere che la cognizione, l’illustrazione, l’intelligenza siano tre gradi
di scienza, l’uno diverso dall’altro, come ancora per gli effetti che ne ho
sperimentati nel mio spirito, questi tre gradi di divina scienza mi pare ancora
che siano l’uno maggiore dell’altro; salva la verità, mentre io mi protesto di
essere digiuna affatto di questa dottrina, per non avere mai letto nessuno di
questi libri, appartenenti a questa scienza, mi servo dunque degli effetti che
ne ho sperimentato in me stessa, per spiegarmi dico così: la cognizione
sollevava l’anima mia verso il suo Dio, e gli faceva conoscere le sue divine
perfezioni molto da vicino, e con molta chiarezza le ravvisava per immense e
incomprensibili che l’anima ne restava ammirata.
L’illustrazione, poi, infiammava la mia volontà, e così la rendeva
innamorata di Dio, in guisa tale che l’anima uscì fuori di se stessa, per il
grande amore che sente verso l’unico suo vero bene; la divina intelligenza
somministra al mio intelletto i mezzi proporzionati per unirsi con l’amato suo
Dio, nella santa unione poi, molto maggior lume acquista, e così viepiù va
crescendo la fiamma della divina carità. Questo divino fuoco ha preso in me
tanta possanza che mi consuma giorno e notte, che sono ridotta pelle e ossa, e
sono tanto indebolita nelle forze che mi pare ogni giorno di cessare di vivere,
questo pensiero però non mi funesta, ma riempie il mio cuore di giubilo, mercé
la grazia di Dio, in cui ho posto tutte le mie speranze.
Tutto quello che ho detto e tutto quello che sono per dire intendo
assoggettarlo al savio consiglio e parere di vostra paternità reverendissima,
per quiete del mio spirito.
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