Il dì primo novembre 1823, festa di tutti
i Santi, a maggior gloria di Dio e a mia confusione, scrivo il favore che
ricevetti dall’infinita bontà di Dio.
Nei giorni antecedenti a questa festività, con preghiere e lacrime
chiedevo, con grandi istanze, il santo amore di Dio, e lo chiedevo per
intercessione di tutti i santi che sono in cielo; e per ottenerlo mi rivolgevo
alla Madre del santo amore, Maria santissima, e al suo divino figliolo Gesù:
«Madre mia», dicevo, «caro mio Gesù, datemi i vostri cuori, per amarvi!».
Questa preghiera la feci per molti giorni, con molto fervore e grande
istanza, con lacrime e penitenza, per quanto la santa obbedienza me lo
permetteva.
La mattina suddetta, tutto ad un tratto si concentrò il mio spirito in
Dio.In questo tempo mi trovai con lo spirito in una amenissima campagna, mi trovai
circondata da molti celesti spiriti, i quali invitavano l’anima mia a lodare e
benedire l’eterno Dio. L’anima, con profondo rispetto, si unì a quei beati
spiriti, e adorò e benedì l’eterna maestà di Dio. Poi mi condussero con loro
sopra un altissimo monte, dove io vedevo il mio Dio, che assiso se ne stava
nella sua gloria, come riposando, compiacendosi nel suo medesimo splendore. Si
degnò invitare la povera anima mia ad approssimarsi a lui.
L’anima, piena di confusione, confessava di essere indegnissima, si copriva
di rossore e di santo timore insieme; sbalordita resta l’anima per il divino
suo splendore; per questa cagione ricusò il paterno invito. Il mio Dio non si
offese per questo, ma, compatendo il mio smarrimento, così prese a parlare:
«Diletta mia figlia, il mio splendore ti abbaglia la vista, ti riempie il cuore
di santo timore, perciò non ardisci di avvicinarti, hai ragione! ma io per tuo
amore oscurerò il mio splendore».
In questo tempo mi si diede a vedere il mio Dio, sotto un’altra forma, e
così la povera anima poté a lui avvicinarsi, conservando nel mio cuore il
dovuto rispetto e la dovuta stima alla sua divina maestà.
Ricevette l’anima doni e grazie per il suo profitto spirituale, segnatamente
il lume di propria cognizione e contrizione dei propri peccati, santo fervore,
come ancora si degnò Dio, per sua bontà, alle povere mie preghiere di liberare
un grande numero di anime del purgatorio, per le quali incessantemente pregavo
in quei santi giorni, in cui ricorreva il loro anniversario. Si degnava il mio
Dio di farmele vedere come a schiere a schiere, per mezzo dei loro santi angeli
custodi, si compiaceva di introdurle alla celeste magione, per renderle beate
per tutta l’interminabile eternità.
L’anima godeva, per questo bel trionfo della divina misericordia, una
dolcezza di paradiso, ma da un’altra parte sentiva una santa invidia per la
loro sorte, sicché il contento mi si convertiva in pena.
Il dì 10 novembre ritornai dal paese di Marino in Roma, dopo essermi
trattenuta 25 giorni, nei quali feci giorni 20 di santi esercizi e di santo
ritiro.
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