Quando fui in questo stato ridotta, che
già più non distinguevo me stessa per lo spavento, né sapevo se più abitavo la
terra dei viventi, allora mi si fece vedere Dio sdegnato, minacciando un
subitaneo castigo, vedevo scorrere il suo braccio onnipotente or qua or là per
incendiare, per distruggere, per mezzo di fulmini dell’irritato suo sdegno,
quasi tutto il mondo.
Nel vedere questo eminente e terribile castigo, che Dio voleva mandare
sulla terra, la povera anima mia, benché così atterrita e spaventata, per mezzo
della grazia di Dio, riunì le indebolite sue forze, e correndo appresso
all’irritato braccio onnipotente di Dio, ritenendolo forte, come un tenero
figlio che si stringe al braccio del suo amato padre, quando vede che sdegnato
vuole punire con severo flagello i suoi discoli figli, il fanciullo fratello,
mosso dalla carità e dall’amore dei suoi fratelli, benché conosca le deboli sue
forze, ciò nonostante spera nella pietà del suo buon padre, in simil guisa si
diportò il povero mio spirito in questa funesta occasione, ma questo paragone è
assai languido per esprimere la verità del fatto.
Il mio spirito dunque riunì le poche sue forze e per mezzo della grazia del
Signore, con gemiti e sospiri, gridava misericordia, piangendo dirottamente per
muovere a compassione il bel cuore del mio Dio, ma tutto questo non giovava,
perché il suo braccio vendicatore si fermasse, tenendo nella sua onnipotente
mano cento e mille fulmini racchiusi insieme. Mossa la povera anima mia da
santo zelo, per non veder patire tante anime nel fuoco eterno, mi slanciai
dunque verso il divino furore di Dio, che procedeva il suo braccio onnipotente
e, oltrepassando i limiti del mio proprio dovere e della mia dovuta soggezione,
afferrai con le mani dell’anima il braccio onnipotente di Dio e così, tenendomi
fortemente stretta ed abbracciata, facevo a lui dolce violenza, ma intanto il
braccio onnipotente, preso dal suo giusto furore, scorreva con violenza qual
rapido vento, per fulminare, per castigare tutto l’universo. Ciò nonostante, il
mio spirito, benché fosse molto malmenato, non lasciò mai di tenere forte il
braccio vendicatore di Dio, perché io non volevo che avesse scagliato quei
fulmini, che teneva racchiusi nella sua mano onnipotente. La tenevo dunque
fortemente stretta con quanta forza avevo, con lacrime e sospiri così gridavo:
«Giustissimo giudice, avete ragione, meritiamo per i nostri peccati questo tremendo
castigo, ma vi muovano a pietà i meriti infiniti del nostro divino Redentore.
Mio Dio, placatevi, per Gesù Cristo vostro figliolo».
Andavo, piena di affanno, ripetendo queste ed altre simili espressioni,
invocando ancora l’aiuto di Maria santissima, per ottenere la grazia, non
lasciavo intanto di tenere fortemente stretta la mano onnipotente di Dio, acciò
non avesse scagliato i fulmini che teneva racchiusi, stretti nella sua mano.
Intanto il suo divino braccio, mosso dal suo giusto furore, scorreva per l’aria
qual rapidissimo vento. Il mio spirito, benché fosse così dibattuto, che
credevo propriamente di morire, per avere scorso così rapidamente per l’aria
centinaia e migliaia di miglia, così portato dal braccio onnipotente di Dio, finalmente
vinsi la vittoria, anzi, per meglio dire, dico che dopo di avere, per gli
infiniti meriti di Gesù Cristo, espugnata la grazia, Dio, per sua infinita
bontà, si degnò di cedere alla costanza della povera anima mia, Dio si degnò di
farsi vincere cortesemente dalle deboli mie forze, per così magnificare la sua
grandezza.
Fatta questa operazione, che al mio povero spirito costò molta fatica e
strazio, sia detto tutto alla maggior gloria di Dio, e a mia somma confusione,
questa operazione, fatta dalla povera anima mia, si deve tutta a Dio, perché è
un sommo ardire di una poverissima creatura peccatrice come sono io, di fare
violenza alla divina giustizia di un Dio di infinita maestà.
A dire il vero io non so come la cosa andasse, mi pare di certo che io
spontaneamente non deliberassi di commettere un simile ardire, mentre alla sola
cognizione che ebbe l’anima dello sdegno di Dio, tremavo di spavento da capo a
piedi, conoscendo che anche io entro nel numero dei peccatori, e non sapevo se
in quel momento Dio era per mandarmi all’inferno per i miei peccati, e per
l’attentato commesso di oppormi alla sua divina giustizia, con fargli violenza,
sebbene mi pareva di non essere colpevole del detto attentato, mentre io non
avevo deliberato volontariamente di fare al mio Dio una simile resistenza, ma
per accrescimento delle mie pene non distinguevo se la mia operazione fosse
stata grata al mio Dio.
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