75 – IL MIO RE
VUOLE CELEBRARE LE NOZZE CON TE
Riprendo
il filo del racconto: il mese
di marzo feci portare il quadro del glorioso patriarca san Giuseppe nel mio
oratorio privato, per ossequiarlo in tutto il mese quotidianamente, con la
celebrazione del santo sacrificio la mattina, e la sera con altri ossequi in
suo onore. Io pensai di chiedere al santo patriarca che mi avesse ottenuto dal
Signore la sua umiltà, la sua castità, la purità della sua intenzione. Lo
pregavo incessantemente a concedermi la grazia di amare Dio quanto lui l’amò in
questa vita mortale. Nonostante questi buoni sentimenti io sentivo in me
un’aridità di spirito, che mi dava una pena molto considerabile; ma, per mezzo
della grazia di Dio, la soffrivo con molta rassegnazione e pazienza.
La festa del glorioso patriarca, nonostante i miei incomodi di salute, con
il permesso del mio padre spirituale, mi portai alla chiesa, dove subito intesi
una gioia, un contento di paradiso, mi umiliai profondamente dinanzi
all’augustissimo sacramento esposto, lo ringraziai di avermi fatto la grazia,
dopo due mesi, di poterlo adorare, intanto andava crescendo in me il contento
di trovarmi alla reale presenza di Gesù sacramentato. Mi sentivo liquefarmi il
cuore dall’amore, e spargendo un profluvio di lacrime non mi saziavo di
ringraziarlo, di domandargli mille volte perdono di tanti peccati commessi, e
gli promettevo di vero cuore di emendarmi e di fare una buona vita. Gli chiesi,
in grazia, di poterlo visitare quotidianamente nel santissimo sacramento
dell’altare, e poi gli dissi tante altre cose che mi venivano suggerite dal
divino amore. Sfogato che ebbe l’anima questi suoi desideri e questi amorosi
affetti, si sopì in Dio.
Quando l’anima si era profondata in questo dolce riposo, ecco un messaggero
celeste, che col suono della dolce sua voce destò l’anima e così le disse:
«Vieni, o nobile sposa, il mio Re, tuo sposo, ti invita: Vuole con te celebrare
le nozze».
A queste parole si destò l’anima, e a questa ambasciata si riempì di santo
timore e si profondò nel cupo abisso del suo nulla, si smarrì nel suo niente,
non sapendo cosa rispondere, rivolta al suo Dio, con voce tremante, così
esclamò: «Eterno mio Dio, e come da questo profondo di miserie, in cui mi
ritrovo, dovrò io passare a tanta altezza?Ah, mio Dio, non ne sono degna! Ah, non
mi regge il cuore! Un sacro orrore di confusione mi ricopre da capo a piedi».
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