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Beata Elisabetta Canori Mora
Diario

IntraText CT - Lettura del testo

  • PARTE TERZA – ALLA MAGGIOR GLORIA DI DIO (Dal 1820 al 1824)
    • 75 – IL MIO RE VUOLE CELEBRARE LE NOZZE CON TE
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75 – IL MIO RE VUOLE CELEBRARE LE NOZZE CON TE

 

Riprendo il filo del racconto: il mese di marzo feci portare il quadro del glorioso patriarca san Giuseppe nel mio oratorio privato, per ossequiarlo in tutto il mese quotidianamente, con la celebrazione del santo sacrificio la mattina, e la sera con altri ossequi in suo onore. Io pensai di chiedere al santo patriarca che mi avesse ottenuto dal Signore la sua umiltà, la sua castità, la purità della sua intenzione. Lo pregavo incessantemente a concedermi la grazia di amare Dio quanto lui l’amò in questa vita mortale. Nonostante questi buoni sentimenti io sentivo in me un’aridità di spirito, che mi dava una pena molto considerabile; ma, per mezzo della grazia di Dio, la soffrivo con molta rassegnazione e pazienza.

La festa del glorioso patriarca, nonostante i miei incomodi di salute, con il permesso del mio padre spirituale, mi portai alla chiesa, dove subito intesi una gioia, un contento di paradiso, mi umiliai profondamente dinanzi all’augustissimo sacramento esposto, lo ringraziai di avermi fatto la grazia, dopo due mesi, di poterlo adorare, intanto andava crescendo in me il contento di trovarmi alla reale presenza di Gesù sacramentato. Mi sentivo liquefarmi il cuore dall’amore, e spargendo un profluvio di lacrime non mi saziavo di ringraziarlo, di domandargli mille volte perdono di tanti peccati commessi, e gli promettevo di vero cuore di emendarmi e di fare una buona vita. Gli chiesi, in grazia, di poterlo visitare quotidianamente nel santissimo sacramento dell’altare, e poi gli dissi tante altre cose che mi venivano suggerite dal divino amore. Sfogato che ebbe l’anima questi suoi desideri e questi amorosi affetti, si sopì in Dio.

Quando l’anima si era profondata in questo dolce riposo, ecco un messaggero celeste, che col suono della dolce sua voce destò l’anima e così le disse: «Vieni, o nobile sposa, il mio Re, tuo sposo, ti invita: Vuole con te celebrare le nozze».

A queste parole si destò l’anima, e a questa ambasciata si riempì di santo timore e si profondò nel cupo abisso del suo nulla, si smarrì nel suo niente, non sapendo cosa rispondere, rivolta al suo Dio, con voce tremante, così esclamò: «Eterno mio Dio, e come da questo profondo di miserie, in cui mi ritrovo, dovrò io passare a tanta altezza?Ah, mio Dio, non ne sono degna! Ah, non mi regge il cuore! Un sacro orrore di confusione mi ricopre da capo a piedi».

 




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