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Beata Elisabetta Canori Mora
Diario

IntraText CT - Lettura del testo

  • PARTE TERZA – ALLA MAGGIOR GLORIA DI DIO (Dal 1820 al 1824)
    • 75 – IL MIO RE VUOLE CELEBRARE LE NOZZE CON TE
      • 1. Sposa diletta, amica mia, vieni
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1. Sposa diletta, amica mia, vieni

 

Intanto che l’anima stava così perplessa e vacillante per il timore, fissò in alto lo sguardo e vide il sovrano suo re, tutto premuroso, acciò l’anima si affrettasse ad andare, spedisce altri sei messaggeri celesti, acciò questi conducano alla sua reale presenza l’anima mia. Oh Dio, a questa seconda spedizione non mi resse più il cuore di più indugiare, ma così ricoperta di confusione e di rossore, spronata dall’amore che sentivo verso il mio sommo bene, frettolosa mi inviai alla sommità del santo monte, dove mi si fecero incontro tutti festosi i sei messaggeri celesti, e come in trionfo accompagnarono l’anima al loro sovrano re. Non fummo giunti, che le nobili porte del divino tabernacolo aperte si videro, un bello splendore di sortiva e dolce voce così diceva: «Sposa diletta, amica mia, colomba mia, vieni, deh vieni al talamo del tuo Signore, vieni non più tardar».

Oh Dio, qui mi perdo, non so più parlare, non so cosa dire, mi mancano i termini di potermi spiegare, parlate voi per me, o messaggeri celesti, che mi onoraste con l’accompagnarmi, dite voi per me, che io non so ridire, qual fu il nobile ricevimento che mi fece il mio Dio.Io al certo non lo so ridire, la mente umana non ci può arrivare, né a cose sensibili si possono paragonare; ma, per non mancare alla santa obbedienza, alla meglio che posso, qualche cosa dirò.

Quel divino tabernacolo era un vero paradiso, la bellezza, lo splendore non si può spiegare; nel mezzo di quella luce inaccessibile, vedevo molti nobilissimi personaggi riccamente vestiti, pieni di gloria e di maestà. Questo che dico sono le più piccole cose di quella magnificenza incomprensibile, inarrivabile, impenetrabile. Cosa dirò mai del re della gloria, se questi incliti personaggi altro non erano che suoi cortigiani, che assistevano all’augusto soglio della sovrana sua maestà? L’anima, intanto, ebria di amore, e per il grande splendore, mi credevo di morir in mezzo alla gioia, e l’interno gaudio non potevo più contenere, ma disciolta l’anima e liquefatta come in odore di soavità, grato all’amante divino mio sposo, nelle sue braccia mi fece riposare.

Altro non dico, perché più non so dire, godeva l’anima un paradiso di beni senza distinguere, senza capire l’altezza grande del divino favore; godevo i mirabili effetti di questo favore che mi comunicò l’amante Signore, sentendo il mio cuore ripieno di sante virtù, una umiltà così profonda, un annientamento di me stessa, una interna ed esterna mortificazione, un raccoglimento interno ed esterno, una purità, una semplicità molto particolare, una certa unione speciale col mio Dio, che per molti giorni non mi ricordavo di abitare questo mondo sensibile, ma vivevo come in una solitudine, quasi fuori di me stessa, e il mio spirito si trovava tutto concentrato in Dio.

 




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