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Beata Elisabetta Canori Mora
Diario

IntraText CT - Lettura del testo

  • PARTE TERZA – ALLA MAGGIOR GLORIA DI DIO (Dal 1820 al 1824)
    • 75 – IL MIO RE VUOLE CELEBRARE LE NOZZE CON TE
      • 2. Il Signore si degnò di portarmi sopra le sue divine spalle
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2. Il Signore si degnò di portarmi sopra le sue divine spalle

 

Da questo grande bene che godetti, per lo spazio di giorni sette, il mio spirito passò in una profonda oscurità di mente, unita ad una derelizione di spirito, che mi portava ad un gravissimo patimento. In questo stato, così, altro sollievo non trovavo, che di portarmi con il pensiero all’orto delGetsemani, unendo le mie pene a quelle dell’amante mio Redentore; mescolando le mie pene con le sue gravissime pene, così veniva sollevato l’afflitto mio spirito, benché si accrescessero di molto i miei patimenti, per la compassione che sentivo della passione e morte del mio Redentore. L’amore e il dolore di averlo tanto offeso lacerava il mio cuore, conoscendo essere stata io la cagione di tanto sudor di sangue, che versò l’amato mio bene nell’orto. Alla rimembranza di tanta mia ingratitudine, piangevo amaramente le mie colpe e ne domandavo umilmente perdono al mio appassionato Signore.

In questa afflittiva situazione si trattenne il mio spirito per lo spazio di giorni quindici. Una mattina, improvvisamente, dopo la santa Comunione, il Signore sollevò il mio spirito per mezzo della sua divina grazia, fui condotta dallo Spirito del Signore, in un luogo del tutto nuovo: mi trovai alla sponda di un grande lago, alla vista del quale si atterrì il mio spirito, e rivolta al mio Dio, così esclamai: «Dio mio, per la tua infinita bontà, non mi abbandonare in questo grave pericolo».

A me pare, se non erro, dicevo fra me stessa, che questo lago sia il lago dei leoni, dove fu posto Daniele profeta, questo mi pare un torrente di affanni e di pene insuperabili, e come farò io che sono tanto debole e miserabile, come farò a resistere a tanti urti di tentazioni, mio Dio, dubito di mancarvi di fedeltà, mio Dio, mio Signore, ricordatevi che me lo avete promesso, che mi avreste liberata da queste brutte tentazioni. Degnatevi mantenermi la parola, deh non mi abbandonate in questo penoso conflitto!».

Nel tempo che ero così abbattuta dal forte timore di intraprendere questa nuova battaglia, ecco che tutto ad un tratto sento rinvigorire il mio spirito dal dono della fortezza: «Mio Dio, riprendo con costanza invitta, se voi volete, eccomi pronta, sono contenta di soffrire per amor vostro ogni sorta di travagli, non dubito punto della vostra particolare assistenza».

Ero già determinata di gettarmi in quel profondo lago, quando il mio Signore si degnò farsi da me vedere alla sponda di quel lago, tutto raggiante di luce, con volto piacevole, così mi disse: «Figlia arrèstati, il tuo coraggio ha pagato il mio cuore. Mia diletta figlia, vedi fin dove giunge il mio amore verso di te, ah non regge il mio cuore di vederti in mezzo a questo doloroso conflitto di tentazioni. Figlia, sopra le mie spalle affidati, ed io ti tragitterò da questa all’altra sponda, e ti condurrò sopra quel monte».

L’anima dunque alle dolci parole del suo Signore, piena di rispetto e di venerazione, con santa fiducia, sopraffatta da santo timore sopra le divine sue spalle si abbandonò. L’amante Signore non solo mi tragittò da quella all’altra sponda, ma si degnò portarmi, sopra le divine sue spalle, fino alla sommità di quell’altissimo monte, che io molto da lontano vedevo, e di sua propria mano mi collocò in un piccolo recinto, contornato di altissime muraglie, adagiandomi sopra una risplendente nube, che era in questo recinto, e mi fece riposare. Oh dolce riposo! veramente degno dello Spirito del Signore, e chi mai potrà manifestare la sublimità di questo misterioso riposo? Nel tempo che l’anima mia stava così assorta in Dio e riposava nella sua immensità, il Signore di propria sua mano chiuse la porta impenetrabile ma prima di chiudere si degnò assicurarmi che mi amava con parziale amore, dandomi parola che in questo luogo non sarei molestata dai miei nemici, e che nessuno dei miei avversari avrebbe ardito di perturbarmi.

Molte altre cose mi disse l’amante Signore, per rendere quieta e contenta la povera anima mia peccatrice, mi disse inoltre che in ogni mio bisogno avessi invocato il suo santissimo nome in aiuto. Non poco restai contenta e sopraffatta dal dolce riposo, il quale durò per lo spazio di tre giorni, nei quali io posso dire che, l’anima mia non esisteva più nel mondo, ma riposava nelle braccia santissime dell’amante suo Signore, tanto era unita l’anima mia al suo Dio, che in qualche maniera posso dire che per lo spazio di tre giorni, vissi di una vita quasi divina, mentre il mio respirare era un atto continuato di amore di Dio, che pacificamente incendiava il mio cuore, e lo faceva ardere di puro e santo amore, veniva questo divino amore corredato da tutte le sante virtù.

 




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