76 – L’ANIMA MIA RESTÒ PURIFICATA
Il dì 25 giugno 1824 festa del Santissimo
Cuore di Gesù, dopo la Santa Comunione, la povera anima mia, ad un tratto fu
sopraffatta dallo Spirito del Signore, il quale operò in me, con l’effusione
della sua divina grazia, cose molto eccellenti, che io non so spiegare, quello
che posso dire è che, ad un tratto, la povera anima mia si trovò adorna di
tutte le sante virtù morali e teologali, le quali mi fecero operare degli atti
interni di virtù così eccelsi e sublimi, che io ne restai meravigliata e
confusa per lo stupore.
Oh quanto bene era assistita l’anima dalla virtù della fede, della
speranza, della carità verso Dio e verso il prossimo, come bene ero assistita
dalla santa umiltà, purità e semplicità. Tutto questo lo dico a gloria del mio
Dio e a mia somma confusione. In quei felici momenti io non conoscevo più me
stessa, tanto l’anima si era avvicinata al suo Dio e per riverbero riceveva e
scolpiva in se stessa la santità di Dio medesimo, mentre Dio, di sua volontà, ne
faceva all’anima mia un dono gratuito.
Nel tempo che mi trattenevo in questi santi esercizi di virtù, segnatamente
nell’annientamento di tutta me stessa, riconoscendomi indegnissima di possedere
tutte queste sante virtù, ne rendevo umili grazie al mio Dio. Ecco che vedo
dalla santa città sortire una luce inaccessibile, nella quale riconoscevo il
mio Dio. Da veemente attrazione l’anima mia fu tirata in alto, oltrepassando le
alte mura dell’anzidetto recinto, e approssimata fu l’anima a quella bellissima
luce, ed a questa luce, in un baleno, mi vidi intimamente unita e strettamente
abbracciata, per ben tre volte, provando nell’anima un bene indicibile e
inarrabile, che sopravanzava il mio corto intendimento. In questa maniera
l’anima restò netta e purificata da ogni colpa e mancanza. Restò il mio
spirito, per lo spazio di tre giorni, tutto assorto in Dio, desideroso di
esercitarsi nella pratica delle sante virtù con maggiore premura e impegno di
prima.
Lascio a gloria di Dio, senza prolungarmi di più, non so se mi sarò saputa
spiegare, con la rozza mia dicitura, ma spero che vostra paternità
reverendissima saprà condonare alla mia ignoranza l’oscuro ed ottenebrato mio
scritto, che mi fa rossore e vergogna di presentarlo a vostra reverenza.
Nel secondo cartolare, appresso di questo, darò conto a vostra paternità
reverendissima come nel giorno 29 giugno 1824, festa dei gloriosissimi santi
apostoli Pietro e Paolo, il Signore si degnò cambiare situazione alla povera
anima mia, conducendola sopra un altro monte, molto più elevato dell’anzidetto
monte.
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