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Beata Elisabetta Canori Mora
Diario

IntraText CT - Lettura del testo

  • PARTE TERZA – ALLA MAGGIOR GLORIA DI DIO (Dal 1820 al 1824)
    • 76 – L’ANIMA MIA RESTÒ PURIFICATA
      • 1. Adorna di tutte le virtù
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76 – L’ANIMA MIA RESTÒ PURIFICATA

 

1. Adorna di tutte le virtù

 

Il 25 giugno 1824 festa del Santissimo Cuore di Gesù, dopo la Santa Comunione, la povera anima mia, ad un tratto fu sopraffatta dallo Spirito del Signore, il quale operò in me, con l’effusione della sua divina grazia, cose molto eccellenti, che io non so spiegare, quello che posso dire è che, ad un tratto, la povera anima mia si trovò adorna di tutte le sante virtù morali e teologali, le quali mi fecero operare degli atti interni di virtù così eccelsi e sublimi, che io ne restai meravigliata e confusa per lo stupore.

Oh quanto bene era assistita l’anima dalla virtù della fede, della speranza, della carità verso Dio e verso il prossimo, come bene ero assistita dalla santa umiltà, purità e semplicità. Tutto questo lo dico a gloria del mio Dio e a mia somma confusione. In quei felici momenti io non conoscevo più me stessa, tanto l’anima si era avvicinata al suo Dio e per riverbero riceveva e scolpiva in se stessa la santità di Dio medesimo, mentre Dio, di sua volontà, ne faceva all’anima mia un dono gratuito.

Nel tempo che mi trattenevo in questi santi esercizi di virtù, segnatamente nell’annientamento di tutta me stessa, riconoscendomi indegnissima di possedere tutte queste sante virtù, ne rendevo umili grazie al mio Dio. Ecco che vedo dalla santa città sortire una luce inaccessibile, nella quale riconoscevo il mio Dio. Da veemente attrazione l’anima mia fu tirata in alto, oltrepassando le alte mura dell’anzidetto recinto, e approssimata fu l’anima a quella bellissima luce, ed a questa luce, in un baleno, mi vidi intimamente unita e strettamente abbracciata, per ben tre volte, provando nell’anima un bene indicibile e inarrabile, che sopravanzava il mio corto intendimento. In questa maniera l’anima restò netta e purificata da ogni colpa e mancanza. Restò il mio spirito, per lo spazio di tre giorni, tutto assorto in Dio, desideroso di esercitarsi nella pratica delle sante virtù con maggiore premura e impegno di prima.

 

Lascio a gloria di Dio, senza prolungarmi di più, non so se mi sarò saputa spiegare, con la rozza mia dicitura, ma spero che vostra paternità reverendissima saprà condonare alla mia ignoranza l’oscuro ed ottenebrato mio scritto, che mi fa rossore e vergogna di presentarlo a vostra reverenza.

 

Nel secondo cartolare, appresso di questo, darò conto a vostra paternità reverendissima come nel giorno 29 giugno 1824, festa dei gloriosissimi santi apostoli Pietro e Paolo, il Signore si degnò cambiare situazione alla povera anima mia, conducendola sopra un altro monte, molto più elevato dell’anzidetto monte.

 




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