Nel mese di settembre e ottobre 1824, per
avere trascurato lo scrivere, so di avere ricevuti dei celesti favori, ma
adesso che scrivo sono tanto avvolta nelle dense tenebre, non mi ricordo, né
saprei dire, cosa siano questi celesti favori, perché dove mi volgo trovo il
patire, se mi concentro mi par di morire. Il mio diletto se ne fugge da
me.Invano lo cerco, con affanni e sospiri, l’amore si compiace nel vedermi
patire, l’anima intanto, per compiacere l’amore, ansiosa brama di viepiù
patire.
Nel mese di novembre 1824, nell’ottava dei defunti, fui favorita in tutti
gli otto giorni di particolare grazia, in vantaggio delle anime sante del
purgatorio. Dopo lunghe orazioni che facevo per suffragare le suddette anime,
si degnava farsi vedere l’agnello divino. Con tutta piacevolezza mi domandava
cosa bramavo. L’anima frettolosa rispondeva: «Ah, mio Signore, voi lo sapete,
desidero liberare le anime sante dal purgatorio».
L’agnello divino così mi rispose piacevolmente: «Te ne concedo la grazia; a tuo arbitrio libera quante anime vuoi dal
purgatorio». L’anima rispose: «Mio Dio, mio Signore, e come volete che io
faccia a liberarle, se sono tanto miserabile e peccatrice? Gesù mio, venite voi
con me a quel carcere, allora sono certa di liberarle!». «Sì», rispose il divino agnello,
«andiamo, voglio compiacerti!».
Allora l’anima fu invitata dal suo Signore ad abbandonarsi sopra i sacri
omeri del misterioso agnello, e così preceduti e seguiti da stuolo immenso di
santi Angeli e da una splendidissima luce, che circondò l’agnello immacolato
Gesù, l’anima intanto riposava sopra le spalle dell’agnello divino.
All’apparire quella splendida luce, nel
tenebroso carcere, si sentivano i gemiti e le preghiere di quelle sante anime,
che chiedevano misericordia e pietà. La povera anima mia, alle lamentevoli
voci, si sentiva scoppiare il cuore, e soffocata mi sentivo da tenero pianto,
dalla compassione mi pareva di morire.
Ognuno può immaginare con quanto fervore pregassi il mio buon Signore,
stringendolo forte al mio cuore. Con sommo amore per quelle sante anime
chiedevo misericordia e pietà. L’amante agnello così mi disse: «Figlia diletta mia, poni la tua mano nel
forame del mio cuore, e lascia scorrere il mio sangue a larga copia».
L’anima prontamente obbedì, ponendo con sommo rispetto e riverenza tre dita nel
forame del sacro costato di Gesù Cristo, e immantinente si vide quel divino
Agnello intriso del proprio sangue. Oh, sangue preziosissimo! io ti adoro
profondamente.
L’anima, a questo prodigioso portento di amore, restò estatica per
l’ammirazione e per il grande amore che sentiva verso l’amorosissimo Gesù. Quel
sangue divino, che scorreva in larga copia, andò ad estinguere quelle atroci
fiamme.Allora si vide la moltitudine di quelle sante anime purganti ripiene di
gioia e di contento. Scesero allora in quel carcere i loro santi Angeli
custodi, e le condussero con sommo gaudio al cielo, in mezzo ad una risplendente
luce. La povera anima mia restò piena di contento, e fuori di se stessa,
ammirando l’infinita bontà di Dio.
In tutti gli otto giorni dell’anniversario dei fedeli defunti mi seguì
questo fatto, sempre nei medesimi termini. L’ultimo giorno ebbi il contento di
vedere, con sommo mio stupore, quel carcere poco meno che vuoto.
Quali e quanti furono i ringraziamenti che fece l’anima al suo Dio, non ho
termini di poterlo spiegare.
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