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Beata Elisabetta Canori Mora
Diario

IntraText CT - Lettura del testo

  • PARTE TERZA – ALLA MAGGIOR GLORIA DI DIO (Dal 1820 al 1824)
    • 77 – CON L’AGNELLO DIVINO
      • 5. Il purgatorio rimase poco meno che vuoto
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5. Il purgatorio rimase poco meno che vuoto

 

Nel mese di settembre e ottobre 1824, per avere trascurato lo scrivere, so di avere ricevuti dei celesti favori, ma adesso che scrivo sono tanto avvolta nelle dense tenebre, non mi ricordo, né saprei dire, cosa siano questi celesti favori, perché dove mi volgo trovo il patire, se mi concentro mi par di morire. Il mio diletto se ne fugge da me.Invano lo cerco, con affanni e sospiri, l’amore si compiace nel vedermi patire, l’anima intanto, per compiacere l’amore, ansiosa brama di viepiù patire.

Nel mese di novembre 1824, nell’ottava dei defunti, fui favorita in tutti gli otto giorni di particolare grazia, in vantaggio delle anime sante del purgatorio. Dopo lunghe orazioni che facevo per suffragare le suddette anime, si degnava farsi vedere l’agnello divino. Con tutta piacevolezza mi domandava cosa bramavo. L’anima frettolosa rispondeva: «Ah, mio Signore, voi lo sapete, desidero liberare le anime sante dal purgatorio».

L’agnello divino così mi rispose piacevolmente: «Te ne concedo la grazia; a tuo arbitrio libera quante anime vuoi dal purgatorio». L’anima rispose: «Mio Dio, mio Signore, e come volete che io faccia a liberarle, se sono tanto miserabile e peccatrice? Gesù mio, venite voi con me a quel carcere, allora sono certa di liberarle!». «», rispose il divino agnello, «andiamo, voglio compiacerti!».

Allora l’anima fu invitata dal suo Signore ad abbandonarsi sopra i sacri omeri del misterioso agnello, e così preceduti e seguiti da stuolo immenso di santi Angeli e da una splendidissima luce, che circondò l’agnello immacolato Gesù, l’anima intanto riposava sopra le spalle dell’agnello divino.

All’apparire quella splendida luce, nel tenebroso carcere, si sentivano i gemiti e le preghiere di quelle sante anime, che chiedevano misericordia e pietà. La povera anima mia, alle lamentevoli voci, si sentiva scoppiare il cuore, e soffocata mi sentivo da tenero pianto, dalla compassione mi pareva di morire.

Ognuno può immaginare con quanto fervore pregassi il mio buon Signore, stringendolo forte al mio cuore. Con sommo amore per quelle sante anime chiedevo misericordia e pietà. L’amante agnello così mi disse: «Figlia diletta mia, poni la tua mano nel forame del mio cuore, e lascia scorrere il mio sangue a larga copia». L’anima prontamente obbedì, ponendo con sommo rispetto e riverenza tre dita nel forame del sacro costato di Gesù Cristo, e immantinente si vide quel divino Agnello intriso del proprio sangue. Oh, sangue preziosissimo! io ti adoro profondamente.

L’anima, a questo prodigioso portento di amore, restò estatica per l’ammirazione e per il grande amore che sentiva verso l’amorosissimo Gesù. Quel sangue divino, che scorreva in larga copia, andò ad estinguere quelle atroci fiamme.Allora si vide la moltitudine di quelle sante anime purganti ripiene di gioia e di contento. Scesero allora in quel carcere i loro santi Angeli custodi, e le condussero con sommo gaudio al cielo, in mezzo ad una risplendente luce. La povera anima mia restò piena di contento, e fuori di se stessa, ammirando l’infinita bontà di Dio.

In tutti gli otto giorni dell’anniversario dei fedeli defunti mi seguì questo fatto, sempre nei medesimi termini. L’ultimo giorno ebbi il contento di vedere, con sommo mio stupore, quel carcere poco meno che vuoto.

Quali e quanti furono i ringraziamenti che fece l’anima al suo Dio, non ho termini di poterlo spiegare.

 




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