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Beata Elisabetta Canori Mora
Diario

IntraText CT - Lettura del testo

  • PARTE PRIMA – PRIME ESPERIENZE MISTICHE (Dal 1807 al 1809)
    • 2 – I FREQUENTI FAVORI DEL SIGNORE
      • 7. Persecuzioni e angustie per la condotta del marito
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7. Persecuzioni e angustie per la condotta del marito

 

Varie affiliazioni, persecuzioni e angustie che passò la povera Giovanna Felice nel 1804.

Per la cattiva condotta del consorte, che aveva sprecato tutta la metà del suo patrimonio, dovetti lasciare il piccolo appartamento che abitavo, e ritirarmi in quello del mio suocero, soffrire di vedere venduto parte del mobilio di questo, per riparare in qualche parte ai molti debiti che aveva formato, come ancora dovessi spogliarmi di varie gioie che avevo, consistenti in diversi anelli, pendenti, vezzo di perle, orologi, ma tutto per amore di Gesù mi riuscì facile.

Dovetti dunque lasciare libero il mio appartamento e abitare una camera dell’appartamento di mio suocero, e convivere con suocera, cognate, zie ed altri, che formavano il numero di nove o dieci persone. Mi fu assegnata da questi una camera che aveva tre comunicazioni, sicché si rendeva comune a tutti, e per esservi persone di diverso sesso, molta era la soggezione, la pena, l’incomodo.

 

Avevo due figlie: una di anni tre, l’altra di anni cinque; molto dovetti soffrire per queste, mentre una delle due cognate aveva preso tanto sopravvento sopra le suddette, che io non avevo più padronanza alcuna, ciò per mantenere la pace e per le necessità che avevo di essere mantenuta dal suocero, giacché il consorte non pensava più né a me né alle figlie, mi conveniva soffrire di vedere strapazzare le figlie, non solo con parole, ma alle volte con percosse irragionevoli. Sentivo al vivo la pena, ma tutto mi pareva poco, in paragone di quello che meritavano i miei peccati, tutto offrivo in sconto di questi. Permise ancora il Signore che questa buona cognata mi perseguitasse in varie maniere.

 

L’altra ragione del mio patire fu per vedermi priva di un luogo libero, per potermi con libertà trattenere in orazioni, in questa angusta situazione, domandai in grazia alla mia suocera di potermi ritirare per fare le mie orazioni in un piccolo ripiano di scala, che conduceva al pianterreno e alle cantine. Scelsi questo luogo perché era segregato dall’appartamento, per avere libertà di potermi trattenere con il mio Dio, senza che alcuno si fosse avveduto di quanto seguiva, mentre il più delle volte ero sorpresa dallo Spirito del Signore, che violentemente mi rapiva, e non era in mio potere resistere alla sua forza, sicché ora mi trovavo distesa sul suolo, ora dalla violenza il mio corpo balzava senza ritegno, ora mi trovavo con le mani distese al Cielo, e il mio corpo lo sentivo leggero al pari di una paglia, mi scuotevo come intimorita, alle volte la forza dello spirito faceva prova di tirarsi dietro anche il corpo, quando mi avvedevo di questo cagionava in me sommo timore.

 

Per pura misericordia di Dio godevo molta libertà, mentre quando avevo mandato alla scuola le piccole figlie, dopo averle istruite nelle cose appartenenti alla dottrina cristiana, dopo varie orazioni, che quotidianamente le facevo recitare, restavo in santa libertà. Per lo spazio di circa sette anni spendevo sei ore in orazioni, e queste divise in quattro tempi: la mattina, subito levata, mi ritiravo al mio caposcala, mi trattenevo in orazione per un’ora circa, dopo mandavo a scuola le ragazze, come dissi di sopra, e mi portavo alla chiesa, mi trattenevo un’ora e mezzo o due. Il giorno dopo pranzo altre due ore, la sera dopo che avevo custodito le figlie, tornavo all’orazione, e mi trattenevo altre due ore, sicché sei ore o sette mi trattenevo in orazione, senza mai tediarmi, ma sempre più avida di più orare.

 

Non avevo altra azienda in casa che di cantiniere e gallinara, ero molto attenta al mio dovere, del resto andavo a tavola apparecchiata, come suol dirsi, senza alcun pensiero.

Non andò molto in lungo che una vecchia zia, che doveva trapassare la mia camera, non si avvedesse che io mi levavo prima di lei, mentre ella era molto sollecita a levarsi, questa cosa molto mi dispiacque, me ne lamentai con il Signore nelle mie povere orazioni.

 




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