Il giorno 30 luglio 1805 la povera
Giovanna Felice racconta di sé: Ero tutta afflitta e angustiata per non sentire
in me alcuna disposizione per ricevere la santa Comunione. Mi trattenevo
ascoltando la santa Messa, pregando il mio Signore Gesù Cristo, acciò degnato
si fosse a darmi qualche disposizione per poterlo ricevere. Avevo già pensato
di comunicarmi in altra Messa, quando udii invitarmi amorosamente.
«Figlia», sento dirmi, «figlia diletta mia, vieni a ricevermi. Allontana da
te il soverchio timore, il mio invito ti rende degna. Vieni a compensare le
ingiurie che ricevo in questo sacramento!».
A queste parole da forza superiore fui condotta alla balaustra dell’altare.
Mille affetti in uno mi facevano balzare il cuore in seno; piena di santo
affetto, così presi a dire: «Sì, mio Dio, voglio compensare le ingiurie che
avete ricevuto e che tuttora ricevete in questo sacramento. Ma ditemi voi, o
Salvatore adorabile, cosa mai devo fare».
Andavo intanto immaginando di fare le penitenze più rigide per dargli
qualche compenso. «Mio Dio», dicevo, «ditemi quello che devo fare. Sono pronta
a morire sotto i più spietati flagelli e tormenti per potervi piacere e
compensare le ingiurie che avete ricevuto da me e che ricevete da tanti
peccatori, fratelli miei. Ditemi, di grazia, quello che devo fare».
«Figlia», soggiunse il mio Signore, «non altro devi fare che offrire i miei
meriti al mio eterno Padre».
Pregai acciò si degnasse ispirarmi come dovevo offrire i suoi meriti; mi
parve che in questa maniera dovevo dire: «Eterno Padre, vi offro i meriti di
Gesù Cristo, vostro Figliolo, milioni di volte ogni punto della mia vita, ogni
respiro del mio cuore, per compensare le ingiurie che avete ricevuto da me e da
tanti peccatori, fratelli miei. Miserere
nobis, miserere nobis, Sacro Cuore del mio Gesù, fa’ che ti ami sempre
più».
Permise Dio in questo tempo che il mio confessore si allontanasse dalla
chiesa dove confessava, che era vicino alla mia abitazione, e per le molte sue
occupazioni poco attendeva al confessionario, sicché molto di raro potevo
parlargli, sebbene molte furono le esibizioni che mi fece, per sua carità,
volendo a costo di ogni suo incomodo proseguire a dirigere la mia povera anima.
Dopo molte orazioni, mi parve che, per la gloria di Dio, dovevo allontanarmi
dal suddetto, e così feci.
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