Sicché le orazioni invece di essermi di
consolazione mi erano di pene; andavo risolutissima di non mi partire dalle
meditazioni impostemi dal mio confessore; procuravo di ritenere lo spirito
racchiuso quanto mai potevo, macché, il più delle volte non avevo terminato
l’orazione preparatoria, che il mio Dio s’impadroniva del mio spirito e mi dava
cognizioni ben grandi, riguardanti le sue divine perfezioni.
A queste cognizioni la povera anima mia s’infiammava di carità, per mezzo
della carità viepiù s’inoltrava a contemplare le divine perfezioni, ma appena
mi avvedevo di essermi tanto inoltrata, procuravo per quanto potevo di ritirare
lo spirito da questo gran bene, per non mancare all’obbedienza. Macché, appena
avevo ritirato lo spirito, che tornava nuovamente Dio a sollevarlo.
Queste orazioni mi erano di afflizione e di pene; tutte le volte che il
Signore si degnava di favorirmi, piangevo dirottamente, per timore di aver
mancato all’obbedienza. Quando il Signore non era tanto lesto di rapirmi lo
spirito, mi mettevo a considerare le pene dell’inferno, e procuravo con tutto
lo studio di eccitare in me orrore e spavento, acciò non si fosse sollevato lo
spirito, macché! trovava ancora in questa tetra meditazione la maniera di
sollevarsi a Dio, considerando, invece della rigorosa giustizia, l’amore di un
Dio amante. «Mio Dio», andava dicendo fra sé la povera anima mia, «tanto vi
preme il beneficarmi, che mi intimorite con l’inferno! O amore grande ed
infinito, tanto vi compiacete di possedermi, che se non vi voglio amare per
amore vi contentate che vi ami per il timore dell’inferno».
A queste ed altre simili riflessioni si accendeva il mio spirito di amore
tanto grande verso il suo Dio che, trasportata dalla fiumana della carità, la
violenza dello spirito violentava il corpo, sicché ora cadeva sul suolo come
morto, ora si dibatteva con moti convulsi, ora mi pareva che il cuore si
volesse dividere in mille pezzi, parevami volesse balzare dal seno; troppo
procuravo di far resistenza alla grazia di Dio per obbedire il mio confessore,
ma la forza maggiore vinceva la minore.
Molto era grande la pena che soffrivo tutte le volte che mi dovevo
presentare al suddetto, perché le sue parole non altro servivano che per
angustiarmi. In undici mesi circa che fui diretta dal suddetto, tutte le volte
che mi parlava aveva nuove idee sopra di me, diverse volte, senza sapere né che
né come, mi leva la santa Comunione. Permette Dio che i direttori prendano
qualche equivoco verso le anime che dirigono, ma il suddetto, senza sua colpa,
trovava tutte le maniere di affliggermi quotidianamente, nonostante questo
forte urto, mai perdetti la pace del cuore, ma il mio spirito era sempre
tranquillo, e, tutta abbandonata in Dio, passai gli undici mesi.
Per giuste cagioni il suddetto dovette abbandonare il confessionario. Il
Signore mi diede a conoscere che dovevo trovare altro direttore; fintanto che
non fui soggetta al suddetto direttore mal pratico, credetti sempre che fosse
comune a tutti l’essere così favorita da Dio nelle orazioni, sicché non sapevo
qual fosse il motivo delle sue ammirazioni.
Finalmente una mattina mi disse: «Ditemi un poco, chi credete di esser voi,
che pretendete di stare in confronto di una santa Caterina, di una santa
Geltrude, di una santa Maria Maddalena de’Pazzi? Eh, ci vuole altro! eh vi pare
a voi cosa conveniente di tanto innalzare lo spirito nelle orazioni? Lasciate
fare alle anime contemplative queste sorte di orazioni non hanno tanta
comunicazione, come dunque sarà possibile di credere che a voi tanto vi sia
permesso da Dio il potervi inoltrare, se, come dissi, alle anime contemplative,
dopo rigorose e austere penitenze, non a tutte permesso di tanto inoltrarsi,
come sarà permesso a voi di tanto inoltrarvi?».
Prosegue a dire: «Un’altra cosa mi fa molto specie in voi, mi dite che non
soffrite alcuna pena dallo stimolo della carne, io più rifletto al vostro
spirito e meno ne capisco!».
Le parole di questo ministro di Dio mi misero in somma pena, pensando che avesse
molto ben ragione di farmi un tal rimprovero, mi detti a credere di essere
illusa e dal demonio ingannata. Secondo il mio solito, ricorsi al mio Dio con
molte lacrime, pregandolo a farmi conoscere se la povera anima mia era
ingannata dal demonio. Il Signore si degnò assicurarmi che non era opera del
demonio, ma opera della sua grazia, mi diede a conoscere ancora, come dissi di
sopra, che mi fossi trovata altra guida, altro direttore. Ricevuto il suddetto
avviso, mi raccomandai caldamente al Signore per fare una buona scelta.
|