Proseguo a raccontare come passai gli otto
giorni degli esercizi al Santissimo Bambino Gesù. Il giorno dell’Ascensione del
Signore del 1807 mi portai al venerabile monastero del Santissimo Bambino Gesù,
in quei santi giorni mi compartì il Signore una unzione di spirito molto
particolare, mi donò un raccoglimento molto segnalato, posso dire in qualche
maniera che il mio spirito fece la sua dimora non in terra ma in cielo, per
quanto è permesso ad un’anima viatrice. Godevo una familiarità molto
particolare con il buon Dio, che a tutte le ore mi degnava della sua presenza,
godevo ancora della compagnia dei santi Angeli, che commessi venivano dalla
bontà di Dio, per mezzo dei quali mi inviava le sue grazie, i sentimenti del
corpo poco e niente mi assistevano, per la continua attrazione della grazia che
a sé riteneva lo spirito. Nella santa Comunione poi in tutti quei giorni
godetti delle particolari comunicazioni che mi tenevano dopo la santa Comunione
sopita o per meglio dire alienata dai sensi tre o quattro ore; in guisa che ero
incapace di alcuna sensazione.
Dovetti soffrire il rossore di essere da quelle religiose assistenti
riconvenuta, perché la mattina mancavo alla orazione comune alle altre
esercitanti, all’ora dell’orazione le buone religiose mi cercavano molto, ma
non mi trovavano, perché, fatta la santa Comunione, mi ritiravo in un angolo
dove non ero osservata, quando mi avvidi che la cosa era un poco di
ammirazione, presi il partito di farmi avvisare, insegnai il luogo dove mi trattenevo
dopo la santa Comunione ad una esercinante, perché mi avesse avvisato quando
era ora di andare all’orazione.
Il dopo pranzo mi ritiravo nella mia camera, servendomi della scusa che
avevo bisogno di riposare, e così mi dispensavo di stare con le altre all’ora
di ricreazione; nella solitudine della mia camera davo qualche libertà al
represso mio spirito, acciò andasse liberamente al suo Dio, che fortemente e
continuamente lo tirava. Data la libertà allo spirito, questo senza ritegno tutto
ad un tratto si slanciava rapidamente verso l’infinito suo bene, che gli
mostrava l’infinito suo amore per mezzo di intellettuali cognizioni, tanto
s’inoltrava lo spirito, che veniva a privare di forza il corpo, di maniera che
cadeva sul suolo, dove passavo circa due ore, godendo di un bene molto grande
che non so manifestare.
Benché mi studiassi di soffocare la grazia, perché nessuno avveduto si
fosse dei favori che mi compartiva Dio, indarno mi affaticai l’ultimo giorno
nella Comunione generale, perché, quando fui vicino a comunicarmi, il Signore
mi tirava con tanto impeto, che, nonostante la forte violenza che facevo a me
stessa per occultare la grazia, il mio corpo balzava a viva forza, sicché
ricevuta la sacra particola, caddi stramazzone per terra. Le buone religiose
assistenti accorsero subito ad aiutarmi, supponendo male naturale, procurarono
alla meglio che poterono di farmi rinvenire, mi somministrarono dell’acqua
fresca, ma non la potei bere, perché non avevo tatto alla bocca, avevo perduto
ogni sensazione, ciò nonostante alla meglio che mi fu possibile mi misi a
sedere, senza mostrare segno alcuno di straordinario, mostrando somma
indifferenza dell’accaduto; ma non vedevo l’ora di andare alla mia casa, per il
rossore e la confusione che mi cagionava il ricordarmi il fatto seguitomi. Quei
pochi momenti che potevo star sola senza essere osservata, piangevo
dirottamente e mi lagnavo con il mio buon Dio di avermi così trattato alla
presenza altrui.
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