Fatto il ricorso, i superiori conobbero la
ragione, procedettero contro il suddetto mio consorte e la sua amica. Per
ordine dell’eminentissimo cardinal vicario fu il suddetto condotto ai Santi
Giovanni e Paolo, consegnato ai Padri Passionisti con ordine di ritenerlo in
castigo fino a nuovo ordine.
Questi buoni padri gli dettero gli esercizi spirituali, e procurarono di
fargli conoscere le sue mancanze; ma invece di approfittarsi delle ammonizioni,
ogni giorno più si ostinava nel sostenere la sua cattiva amicizia. Si infierì
crudelmente contro di me, credendomi autore del suddetto ricorso. Mi scriveva
lettere fulminative piene di minacce. Intanto gli si andava formando il
processo, e così risoluto dai superiori che il suddetto fosse tornato alla sua
casa quante volte avesse dopo i santi esercizi avesse dato riprova del suo
ravvedimento; ma che se fosse tornato a trattare la suddetta donna, la sua pena
sarebbe stata di essere ritenuta in castello tutto il tempo che sarebbe
piaciuto al signor cardinale vicario. La donna poi, come più rea per altre
mancanze, se fosse tornata a trattare il suddetto, condannata a san Michele per
cinque anni.
Passati quindici giorni il suddetto scrisse una lettera di sottomissione al
padre e alla madre.Il padre non credendo alle sue parole, ma ritenendo a
memoria le ingiurie e le minacce che nei giorni passati aveva a me fatto per
mezzo di una sua lettera, come già dissi, voleva assolutamente dai Santi
Giovanni e Paolo farlo passare in Castello, ma la madre si interpose presso il
padre, e pregandolo a non recare a lei questo disgusto, avesse perdonato il
figlio. Mi chiamavano e mi comunicavano i loro diversi sentimenti, io con la
grazia di Dio, che molto più del solito invocavo, mi raccomandavo per non
sbagliare, mi mostravo indifferente e obbediente ai loro voleri. Il suddetto
ogni giorno più manifestava il suo malanimo contro di me. Le sorelle del
suddetto, dubitando di vedere qualche fatto micidiale, mi consigliavano di
andare in casa terza e non espormi agli insulti del loro fratello,
consigliavano ancora il padre a non farlo tornare a casa. Finalmente l’afflitta
madre vinse tutti, sicché si risolvette di comun consenso di farlo tornare a
casa il giorno 18 del medesimo mese di luglio, dopo averlo per 18 giorni tenuto
in Santi Giovanni e Paolo, come si disse di sopra.
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