Tornò in casa qual leone infierito, per
vedersi privo della sua amica, la privazione di queta amicizia non ad altro
servì che inferocirlo contro di me, sicché molto dovetti soffrire da quest’uomo
forsennato. Finalmente con maltratti e con minacce, prese il partito di
obbligarmi a dargli in scritto il consenso, per tornare liberamente a trattare
la sua amica, ma questo non potevo farlo senza offendere Dio. Mi consigliai con
il mio direttore, il quale mi disse che mi fossi piuttosto contentata di morire
per le sue mani che dare questo consenso. Questo mi bastò, perché il mio spirito
con la grazia di Dio, divenisse forte qual scoglio immobile alle furiose onde
dell’agitato mare, con la grazia di Dio facevo io sola margine a questo uomo
imbestialito, negando a costo della mia propria vita al suddetto il consenso.
Sicché diverse volte corsi il pericolo di morire per le sue mani; ma
particolarmente una sera che tornò a casa più del solito sdegnato e pieno di
furore, risoluto di darmi la morte se non davo il consenso, con sottoscrivere
una carta per giustificare presso i superiori la sua amicizia. Buono per me che
erano buone due ore che mi trattenevo in orazioni, per mezzo delle quali Dio mi
comunicò una forza di dare la vita piuttosto che offendere il mio Signore.
Il suddetto, dopo essersi servito delle ragioni per convincermi;
mostrandomi che non ad altro fine voleva fare la mia sottoscrizione che per
rendere la riputazione che con il ricorso si era tolto a questa donna; giurando
di non più accostarsi alla casa di questa; ma io, nonostante le sue promesse,
con la grazia di Dio, non mi feci vincere, ma valorosamente offrii la mia vita
piuttosto che offendere Dio.
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