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Beata Elisabetta Canori Mora Diario IntraText CT - Lettura del testo |
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3. Offrii a Dio tutto il mio sangue
Nel vedermi così risoluta, divenne più fiero di un cane arrabbiato; mi si avventò addosso per uccidermi. La madre, allo strepito delle sue minacce, accorse per darmi aiuto, ma il mio spirito intrepido senza titolare invece di fuggire, mi inginocchiai avanti di lui, e pregando la madre, che lo riteneva, che avesse lasciato sfogare il suo sdegno contro di me. In questo tempo offrii al mio Dio tutto il mio sangue, per dimostrargli il mio amore, provando nel mio cuore gli affetti più vivi della sua carità, stavo tutta ansiosa aspettando il colpo, per dare al mio buon Dio un attestato dell’amor mio; ma quando speravo di trovarmi immersa nel proprio sangue, mi avvidi che era al suddetto mancata la forza di colpire il mio cuore, che con santo ardire stava aspettando il dolce momento di offrire il mio sangue. Ma il suddetto fu da forza superiore impossibilitato di mettere in esecuzione il suo disegno, confessando che forza superiore arrestò il suo braccio, ma pieno di timore, pallido nel volto, si adagiò sopra una sedia, perché gli era ad un tratto mancata la forza. Nel vedersi privo di forza, prese il partito di chiedermi perdono, confessando il grave torto che mi aveva fatto, ma questo proposito non fu durevole neppure un quarto d’ora, perché appena Dio gli restituì la primiera forza, che tornò di bel nuovo ad insultarmi, e preso dalla disperazione se ne partì, dicendo che per mia cagione si sarebbe da sé data la morte. La madre, sentendo la espressione del figlio, vedendolo partire molto infuriato, si rivolse contro di me, facendomi dei rimproveri, per non aver condisceso alle sue voglie, ma il mio spirito era incapace di ogni apprensione, perché si trovava tutto immerso in Dio, godendo una mirabile unione con lui, che, sebbene in quei momenti mi avessero fatto in mille pezzi, non ero capace di risentimento.
Passai tutto il mese di agosto in questa fiera persecuzione; diversi erano i progetti che in questa occasione mi facevano i miei parenti: parte di loro mi consigliavano di ritirarmi in un monastero, mia madre voleva che fossi tornata in casa sua, il mio direttore mi consigliava di sciogliere il matrimonio, mostrandomi le forti ragioni che mi assistevano, in mezzo a tutti queste disparità di pareri, il mio spirito riposava dolcemente nelle braccia del mio Signore, tenendo per certo che l’affare sarebbe andato secondo la sua santissima volontà, di niente avevo paura, ai miei parenti recava molto meraviglia come io avessi tanto spirito di star sola di notte in camera con un uomo tanto imbestialito, senza paura di restar morta per le sue mani, ma questo spirito non a me, ma a Dio si doveva attribuire, che si degnava di trionfare della mia miseria, mentre parte della notte la passavo in ginocchio, occupata in alta contemplazione, e quando la necessità del corpo mi obbligava a prendere un poco di riposo, ero in quel tempo favorita da un raggio di luce, che mi circondava da ogni intorno e mi rendeva sicura il riposo. Nella santa Comunione poi il Signore si degnava favorirmi in modo speciale, in questo tempo più volte fui visitata dal Signore, che sotto la forma di vago fanciullo, mi appariva consolandomi con farmi provare i dolci effetti della sua carità; sicché in mezzo alla tribolazione godevo nel mio cuore un paradiso di delizie e di dolcezza.
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