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Beata Elisabetta Canori Mora Diario IntraText CT - Lettura del testo |
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5. Nella terra di promissione
Ecco che alla meglio che ho potuto le ho dimostrato quanto passò nella mia immaginativa: non ardisco però manifestare neppure un accento riguardo alla cognizione intellettuale che Dio si degnò comunicarmi per mezzo di particolare intelligenza. Mentre mi manca la maniera di spiegare cose sì alte, sì sublimi, che il povero mio intelletto non poté neppure comprendere del tutto; proseguo dunque a manifestare quanto passò nella immaginativa. In questa visione mi venivano in questa beneddetta terra dimostrate le ricchezze celestiali: oh, come la povera anima mia desiderava il potervi andare! Ma, come già dissi, non vi era strada che là mi conducesse. Piena di affetto, alla benedetta terra rivolta, le mandavo i più infuocati sospiri, porgevo le più ferventi suppliche all’Altissimo. Rivolta al mio condottiero, con calde lacrime lo pregavo a volermi là condurre; benché mi riconoscessi affatto indegna, affidata nei meriti del mio caro Gesù, speravo di ottenere la grazia. In questo tempo vidi apparire molti Angeli che, per comando di Dio, alzarono un magnifico ponte per mezzo del quale poté la povera anima mia avere l’ingresso: così poté introdursi nella benedetta terra. Accompagnata dal santo precursore e da molte schiere angeliche, e così piena di gaudio, entrai nella terra di promissione. I santi angeli mostravano il più alto loro stupore per vedermi tanto favorita da Dio; la loro ammirazione rendeva al povero mio spirito una profondissima umiltà. Appena posi i piedi in questa benedetta terra, mi fu dal mio buon Dio comunicata una purità angelica, che rendeva il mio spirito puro e semplice come una colomba.
L’amor santo di Dio serpeggiava nel mio seno e nel mio cuore, formava un vivo incenDio ardentissimo di amore. Cosa mai dirò di questa benedetta terra? Non è possibile che possa ridire la sua magnificenza, ma per non mancare all’obbedienza, pur qualche cosa dirò. Vi era un vastissimo Monte, che conteneva quanto di bello e di prezioso e di raro possa mai immaginarsi, di argento di oro finissimo, di pietre preziosissime, di perle lucidissime. Dal ricco suo seno tramandava tanta ricchezza, tanta vaghezza, assai più di quello che possa mai comprendere spirituale intendimento di anima che, per mezzo della grazia soprannaturale, le venga da Dio permesso penetrare . Non è veramente spiegabile, tutto quello che dico è poco, e tutto quello che potessi mai dire sarà sempre poco, in paragone della bellezza, della vaghezza di questa benedetta terra. Vi era una vastissima valle smaltata di bellissimi fiori che tramandavano un odor soave; vi erano nobilissimi alberi di frutti gratissimi, ma dove mi inoltro? Che pretensione è la mia, descrivere magnificenza che neppure del tutto potrei comprendere. Oh stolta, oh sciocca che sono! Tutto questo luogo spirava soavità e dolcezza; qui si godeva una deliziosa primavera, non terrestre ma celeste. Tutto quello che in questo divin luogo vidi, in paragone di quello che sensibilmente noi vediamo di bello nel nostro mondo sensibile, senza esagerazione è tanto differente quanto è differente la creta dall’oro finissimo: non è paragonabile. Il santo mio condottiero mi conduceva or qua or là, additandomi ora una cosa, ora un’altra; intanto il mio spirito andava inebriandosi di amore verso il Creatore del tutto. Mentre contemplavo la magnificenza di queste belle cose, amavo ardentissimamente il mio amabilissimo Creatore, e, invece di prendere compiacenza in queste, il mio spirito cercava solo Dio e, rivolto al santo, tutto amore, diceva: «Il mio Dio, il mio Dio dov’è?». Allora il Battista mi additò un magnifico palazzo, e mi disse esser quello il palazzo del sommo Re; che preparata mi fossi, che là sarei introdotta per celebrare con il sommo Re i celesti sponsali. A questa notizia il mio spirito fu sopraffatto da santo timore, inabissata nel proprio nulla, mi confondevo, e confessandomi indegnissima di sì alto favore, piangendo dirottamente, mi raccomandavo caldamente al mio santo condottiero, acciò mi avesse tratto fuori da questo luogo, perché non volevo oscurare la gloria di un Dio di infinita maestà, riconoscendomi affatto indegna di tanto onore. Questi sentimenti furono in me permanenti, e tutta la giornata la passai piangendo, deplorando le mie colpe. Sentivo nell’intimo del cuore un amore ardente verso il mio Dio, che rapidamente mi univa al sommo suo amore; tornava ad umiliarsi lo spirito, e viepiù si accendeva di carità.
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