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Beata Elisabetta Canori Mora Diario IntraText CT - Lettura del testo |
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6. Nell’abitazione del sommo Re
Il dì 25 giugno 1809, da immenso stuolo di angeli fui condotta al regio palazzo. Prima di giungere al regio palazzo, vi era una ripida gradinata; salita che ebbi l’alta scala, con mio sommo stupore, vidi che il magnifico palazzo non aveva porta corrispondente alla sua magnificenza. Andavo dicendo fra me stessa: «Cosa veramente da stupire, palazzo così magnifico, scala così grande, eppure, chi lo crederebbe? non vi è porta corrispondente da poter entrare». Oh, come la povera anima mia restò attonita, e piena di stupore! non conoscevo la giusta cagione come sì bello edificio non avesse porta corrispondente alla sua magnificenza. Altro non vi era che una piccolissima porta, non più grande che la bocca di un forno: questa era di forte metallo. Era questa ben chiusa e sigillata, di maniera che non si poteva penetrare. Il santo Battista, conoscendo la mia ignoranza, mi ammaestrò: «Sappi», mi disse, «che l’abitazione del sommo Re non ha porta corrispondente alla sua magnificenza, per denotare a quelli che vogliono entrare che si devono umiliare, annientare, assottigliare, per così penetrare questa angusta porta». Oh, che grande elogio fece il santo precursore della santa umiltà! Mi fece conoscere quanto doverosa sia ad ogni creatura questa virtù, e quanto onore renda al sommo Dio. A questa dimostrazione del Santo, il mio spirito conobbe la necessità di questa virtù, e con le lacrime e con sospiri si raccomandava al suo Dio, acciò si degnasse concedermi la santa umiltà. A questa preghiera, sento ad un tratto una totale innovazione di spirito, che giustificò il mio cuore, e la grazia del Signore per quel momento mi trasmutò in un serafino di amore. In quel momento restò purificato il mio spirito, per mezzo della suddetta grazia: mi comunicò Dio tutte quelle disposizioni che richiedeva un sì alto favore. Si annientò dunque l’anima, si sprofondò nel proprio suo nulla, e così ebbe libero l’ingresso. Si dischiuse al momento la feral porta e l’anima, bene assottigliata con la grazia di Dio, nel magnifico palazzo fu introdotta. Oh, cosa dirò mai di questa magnificenza! Mio Dio, datemi grazia di spiegare alla meglio che posso le vostre incomprensibili misericordie, perché la mia ignoranza non oscuri la vostra gloria. E voi, Angeli santi, che spettatori foste dell’alto favore che mi degnò l’eterno Dio, voi insegnatemi, voi suggeritemi termini che atti siano a descrivere con vive immagini quello che io per la mia ignoranza non so manifestare.
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