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Beata Elisabetta Canori Mora
Diario

IntraText CT - Lettura del testo

  • PARTE SECONDA – LE NOZZE MISTICHE (Dal 1813 al 1819)
    • 9 – UN DIO GLORIOSO CERCA LA VITA DALLE SUE CREATURE
      • 1. Ha preso possesso del mio povero cuore
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1. Ha preso possesso del mio povero cuore

 

Ecco ad un tratto il mio Signore ha preso possesso del mio povero cuore, in maniera così eccellente, così sublime che si rende impossibile poterlo ridire. Per parte di intelligenza mi ha dato a conoscere l’intima unione che passa con le anime sue dilette. Ah, se mi fosse permesso, quante cose vorrei dire! Ma mi perdo, mentre dubito di troppo ardire. L’obbedienza mi obbliga a proseguire. Mi ha mostrato il mio Dio le tre potenze dell’anima mia sotto il simbolo di tre bellissime colonne, sopra le quali si è degnato innalzare il suo trono. Mi ha dato a conoscere in qualche maniera, per questo ne sono capace, come questo divino Signore alimenta l’anima mia, e come l’anima mia alimenta lui, con mantenerlo in possesso del mio cuore. Questo è un tratto dell’amore di Dio, tanto grande che tiene estatici i più sublimi Angeli del cielo, vedere un Dio glorioso che dà vita a se stesso, cercare vita dalle sue creature. Collocato che si fu con grande pompa sopra il suo trono, come ho detto di sopra, assistito da molti spiriti celesti, così prese a parlare: «Giovanna Felice del mio cuore, io mi compiaccio di dare vita a te: compiaciti, mia diletta, di dare vita a me in te».

A queste parole, il mio spirito divenne una stessa cosa con il mio Dio, in maniera tale che mi pareva di vivere della sua vita divina per partecipazione.

Con una similitudine spiegherò come Dio dà vita alle anime sue dilette, e come le anime diano vita a questo Dio, che è la vita stessa. Il Verbo divino, vivendo tra noi mortali, poteva dire alle sue creature: «Io do vita a voi, ma mi compiaccio che voi diate vita a me, benché io sia vostro creatore. A cagion di esempio, se l’aria ne fosse stata capace, poteva dire: «Io do vita al mio creatore, mentre il mio creatore dà vita a me che sono sua creatura».

Benché le anime siano in grazia di Dio, Padre mio, vorrei che la vostra riverenza mi dicesse se è comune a tutte di tanto inoltrarsi. Alle volte sono colcemente penetrata dallo Spirito del Signore, in guisa tale che più non mi distinguo. Immersa in vasto oceano, mi trovo ricolma di grazie, sopraffatta dall’amore, dilato il mio cuore, lo ingrandisco quanto più posso, mentre vorrei amare il mio Dio qianto lo ama tutto il Paradiso. Oh, dolce violenza che mi trasporti tanto oltre, perfino a penetrare il cuore del mio Signore! Chi mai potrà ridire i dolci effetti che produce nel mio povero cuore? Solo il mio Dio lo può comprendere, mentre io stessa, che ne provo gli effetti, non ne comprendo la vastità.

 

Il dì 17 dicembre 1813, nel ricevere la santa Comunione, così racconta di sé la povera Giovanna Felice: Fui sorpresa da dolce riposo, ma in questo riposo andava leggiadramente inoltrandosi il mio spirito verso il suo Dio, in una maniera quanto mai bella. Lo splendore della sua bellezza destava il mio cuore, così prese ad esclamare: «Mio Gesù, mio amore, fin dove giunge la tua carità verso di me, che sono la creatura più vile che abita la terra?».

Ma in questo tempo che così esclamavo, volgo lo sguardo verso quella luce: vedo il mio caro Gesù che dolcemente riposava sopra al regio edificio, che si è degnato formare nella povera anima mia. Vedevo le tre potenze dell’anima mia sotto il simbolo di tre bellissime colonne, sopra le quali vedevo riposare il mio Signore. Quale quiete, quale pace, quale dolcezza di spirito, quali affetti di amore sperimentava il mio povero cuore! Ero tutta intenta a piacere al mio Signore, quando si è degnato mandare dal suo amoroso cuore tre raggi di luce a penetrare le tre colonne. In un momento, queste sono divenute quanto mai belle e risplendenti. Ecco, ad un tratto una luce imponente che rendeva magnifico questo bell’edificio; ecco la Triade Sacrosanta che si è degnata prendere possesso di me. A qual grado di unione sia stata fatta degna la povera anima mia, non è possibile manifestarlo, tanta è stata la magnificenza che ha comunicato alla povera anima mia l’eterno Padre, che più non mi distinguevo: la sua eternità luce mi rendeva una stessa cosa con lui.

 




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