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Beata Elisabetta Canori Mora
Diario

IntraText CT - Lettura del testo

  • PARTE SECONDA – LE NOZZE MISTICHE (Dal 1813 al 1819)
    • 13 – UN SOLE PIÙ BELLO DEL NOSTRO
      • 2. Una stessa cosa con Dio
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2. Una stessa cosa con Dio

 

Il dì 31 maggio 1814 nella santa Comunione, così racconta la povera Giovanna Felice. Fui sorpresa da somma quiete, mi trovai in luogo ameno, solitario, tutto tendeva ad aumentare la quiete, la pace, la soavità, quando vedo apparire un sole, molto più bello del nostro sole; vidi limpidissimo occhio che per mezzo di questa risplendentissima luce mi guardava, e mi tirava a sé, per parte di forte attrazione, ma il chiarore di questa luce inaccessibile, che a me pareva un sole bellissimo, mi faceva conoscere la mia viltà, la mia miseria.

 

«E come è possibile», dicevo, «o bel sole di giustizia, che possa tanto inoltrarsi un’anima tanto scellerata come sono io? Ah, no, mio Dio, non oscurate la vostra gloria per beneficare la creatura più vile che abita la terra. Volgete i vostri amorosi sguardi verso tante anime vostre spose, che fedeli vi sono state».

Per parte di questo sentimento facevo resistenza al mio amoroso Signore. La mia ritrosia non lo provocò a sdegno, ma bensì a mostrarmi viepiù il suo infinito amore. Ha spedito i tre santi Angeli, che sogliono favorirmi, acciò potessero accompagnare la povera anima, che annientata in se stessa se ne stava. Nuovamente il bel sole di giustizia ha fissato il suo limpidissimo occhio sopra di me. Mio Dio, mio Signore, e come ti potrò resistere? Mi sono abbandonata tutta in Dio; ecco dunque che, per parte di forte attrazione, si è sollevato il mio spirito attraverso questa luce inaccessibile, accompagnata dai santi Angeli, che amorosamente la scortavano e le facevano coraggio a ricevere le grazie del sommo Dio. Ecco finalmente siamo giunti; rivolta ai messaggeri celesti: «Vi ringrazio», dicevo loro, «vi ringrazio della carità che mi avete usata».

Quando il bel sole in se stesso mi ha attratta, eccomi immersa in quella luce inaccessibile; in mezzo a questa luce, vedevo bella e vasta città, ovvero nobile e ricco edificio, magnificamente adornato. Non ho termini sufficienti di spiegare qual veramente fosse questo immenso luogo, dove risiedeva l’eterno Dio.

Vedevo dunque in questo immenso fabbricato tre porte; questo immenso fabbricato era unito e distinto in tre parti, ognuna aveva la sua rispettiva porta, benché una stessa porta fosse, e un solo fabbricato; unite e distinte erano le porte, unito e distinto era il magnifico fabbricato; cosa così bella che non posso spiegare, per quanto dir possa. Sono stata introdotta in questa magnificenza. Cosa mai vidi, cosa mai udii, cosa mai sperimentai il mio povero cuore, non è possibile poterlo ridire, il mio Dio mi unì intimamente a lui, che più non mi distinguevo, ero divenuta, per l’intima unione, una stessa cosa con lui.

 




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