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Beata Elisabetta Canori Mora
Diario

IntraText CT - Lettura del testo

  • PARTE SECONDA – LE NOZZE MISTICHE (Dal 1813 al 1819)
    • 13 – UN SOLE PIÙ BELLO DEL NOSTRO
      • 8. Libera Pio VI dal purgatorio
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8. Libera Pio VI dal purgatorio

 

Dopo tre ore circa la suddetta Comunione, era in somma quiete il mio spirito, quando mi si presentò il buon pontefice Pio VI. Mi disse che avessi pregato per lui, che era ancora in purgatorio, per diverse mancanze riguardanti il pontificato.

Piena di ammirazione, gli dissi io: «E cosa mai volete da me, anima benedetta, che sono la creatura più vile, più miserabile che abiti la terra? Andate dalle anime spose di Gesù Cristo, che vi ottengano la grazia!».

Riconoscendo me stessa e la mia scelleraggine, mi misi a piangere; il santo Pontefice non restò persuaso alla mia confessione, ma viepiù si raccomandava.

Mossa dunque da una certa compassione, gli domandai cosa voleva che avessi fatto per liberarlo dal purgatorio. «Va’ dal tuo padre», mi disse, «e l’obbedienza ti manifesterà cosa devi fare per ottenermi la grazia. Ti prometto di non abbandonarti mai, e di esserti valevole protettore in Cielo».

Dette le suddette parole, disparve. Mi porto la mattina seguente 18 giugno 1814 al mio padre [spirituale], gli comunico quanto passava nel mio spirito, gli domandai cosa avevo da fare; il mio confessore mi impose di andare cinque volte a Santa Maria Maggiore a visitare l’altare di Papa Pio V, e pregarlo per la liberazione di questo suo successore, altre cinque volte mi fossi portata alla chiesa di santa Pudenziana, pregando i santi martiri di ottenere la grazia.

Mi porto il suddetto giorno 18 a Santa Maria Maggiore a visitare l’altare del suddetto santo. Si raccolse il mio spirito, fui sopraffatta dallo Spirito del Signore, quando mi avvidi che il Signore prendeva per pura sua carità della compiacenza in me. Lo pregai di liberare il suddetto santo Pontefice dal purgatorio. Si degnò il mio Dio di rimettere a mio arbitrio la liberazione di quest’anima. La povera anima mia, sopraffattta dallo stupore, per l’esuberanza della grazia: «Mio Dio», disse, «bontà infinita, lasciate che soggetti all’obbedienza la vostra grazia; e, se vi piace, lasciate che il mio padre destini il giorno».

Molto piacque al Signore il mio pensiero, e ad arbitrio del mio direttore fu rimesso il giorno della suddetta liberazione.

 

La mattina seguente mi porto al mio direttore, gli rendo conto di quanto è passato nel mio spirito. Mi dice il mio padre: «Io vi comando di raccomandarvi al Signore, affinché si degni in questo giorno di liberare quest’anima dal Purgatorio. Badate bene, mi disse, che non passi la notte! Dite al Signore che questa è l’obbedienza che vi corre, che si degni di esaudirvi!».

Mi parto dal confessionario, mi pongo in ginocchioni, piangendo dico: «Gesù mio, avete inteso quanto mi ha imposto il mio padre; per carità, lasciatemi obbedire!».

Fui accertata dal mio Signore, che all’ora di Vespro, questa santa anima avrebbe avuto l’ingresso felice nella patria degli eterni contenti.

All’ora di Vespro fui nuovamente assicurata della grazia, provando una interna dolcezza; restai nella pace del Signore, lodando e benedicendo il suo santo nome.

 




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