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Beata Elisabetta Canori Mora
Diario

IntraText CT - Lettura del testo

  • PARTE SECONDA – LE NOZZE MISTICHE (Dal 1813 al 1819)
    • 25 – PREZIOSA GEMMA DAL CUORE DI MARIA
      • 5. Trasformata in Dio
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5. Trasformata in Dio

 

Il dì 15 giugno nella santa Comunione il mio spirito si ritrovò nella strada anzidetta, mi affaticavo proseguendo il mio viaggio, come già dissi. La povera anima mia invocava ardentemente il suo Dio, pregandolo a volersi manifestare per dare al mio spirito qualche conforto. Si degnò il buon Dio di esaudire le mie povere preghiere, e mi degnò di grado molto particolare di unione. Mio Dio, e come potrò io, miserabile senza talento, manifestare i prodigi più grandi del vostro amore infinito?

Si degnò dunque, per sua bontà, di unirmi a sé intimamente. In quel felice momento impresse nel mio spirito una viva immagine di se stesso; a questa impressione eccomi in un momento trasformata in Dio. Oh, cosa mai sperimentai nelle potenze dell’anima mia, io non lo so ridire, ne lascio al saggio intendimento di vostra riverenza degnissima il poterlo comprendere. Quello che posso dire, per non mancare all’obbedienza, si è che fu tale e tanta l’effusione della grazia, tanto grande l’amore che mi trasfuse Dio in quel felice momento, molto grande fu la giustizia che mi donò; la purità, l’umiltà, la semplicità gareggiavano nel mio cuore, per rendere onore e gloria al mio Signore. Offrivo gli alti meriti del mio caro Gesù, ma questo si faceva da me in una maniera molto particolare, in virtù di quella grazia infusami.

Molto gradì l’eterno Dio la mia orazione e la valevole offerta degli alti meriti di Gesù, che fissò lo sguardo in quelle virtù anzidette, che adornavano la povera anima mia, che mi aveva donato nella suddetta unione, riguardandole non come mie, ma come opere sue proprie. Fissò dunque il suo sguardo in quella prodigiosa purità, che si è degnato donare alla povera anima mia, a confronto dello stato coniugale, come è noto a vostra paternità, e mi chiamò «eroismo della sua grazia». Se questa virtù, che si degna di darmi il Signore, per pura sua misericordia, meriti il nome di eroismo, lascio a vostra riverenza giudicarlo, sapendo molto bene di qual calibro siano i continui prodigi che mi fa il Signore su di ciò.

 

Dal giorno 15 fino al giorno 22 giugno 1815 il mio spirito è andato camminando per la suddetta strada. Si va di giorno in giorno avanzando in questo penoso cammino; ma, affidata alla particolare protezione di Dio, si fa coraggio, soffrendo con rassegnazione le pene interne ed esterne, tenendo fisso lo sguardo a quel termine che mi mostrò nel farmi intraprendere il suddetto viaggio. Non so dire se questo termine sia per me il termine della vita, ovvero il termine di quella perfezione a cui Dio, per sua infinita bontà, ma ha destinata fin ab aeterno. Oh, come l’anima mia a questi riflessi si accende di santo amore, e va estatica ripetendo: «Mio Dio, fino ab aeterno mi amasti! O amore, o eccesso, o carità!».

 




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