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Beata Elisabetta Canori Mora Diario IntraText CT - Lettura del testo |
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5. Sorella mia sposa, mi hai ferito il cuore
Dal giorno 15 fino al giorno 17 del suddetto mese di luglio 1815, il mio spirito si è occupato nel meditare la passione e morte del suo Signore. In questa meditazione si è degnato Dio di compartirmi molte lacrime di compassione dei suoi dolori, di dolore per averlo offeso con tanta ingratitudine, di gratitudine nel vedermi tanto beneficata, nonostante la mia ingratitudine, tra lacrime finalmente di amore, desiderando ardentemente di amarlo con tutta l’ampiezza del mio povero cuore, per compensare in qualche maniera l’amore tradito, offrendomi a patire qualunque pena per l’oggetto amato. L’amore veemente riconcentrava lo spirito intimamente, dove mi pareva trattenermi familiarmente con il mio Signore. «Gesù mio», diceva la povera anima mia, piena di santo affetto, «caro Gesù mio, ditemi cosa pensavate voi, quando io mi ero allontanata da voi con tanti peccati. Pensavate voi forse di incenerirmi con i fulmini della vostra irritata giustizia? o con aprirmi la terra sotto i piedi, per farmi da questa ingoiare, e così farmi provare il rigore della vostra giustizia per tutta l’interminabile eternità?». Così rispondeva il mio caro Gesù: «No, mia cara figlia», diceva l’amante Signore, «no, mia cara figlia! Io peroravo la tua causa presso il Padre mio, con tanta premura, come se la mia felicità dipendesse dal possedere il tuo amore. Sorella mia sposa, mi hai ferito il cuore, amante ti invito a morire in croce». A tali parole l’anima mia bruciò di amore. Oh incendio amoroso del mio buon Signore, partecipe rendi il mio povero cuore! Era tanta la fiamma che ardeva nel mio seno, che l’anima languiva di amore.
Dal giorno 18 luglio 1815 fino al 25 del suddetto mese, racconta la povera Giovanna Felice di sé: il mio spirito in questi giorni se n’è stato godendo un particolare raccoglimento, dove più o meno godeva la familiarità di Dio; mi trattenevo alla sua presenza, ora piangendo i miei peccati, ora sperando nelle sue divine misericordie, ora desiderando ardentemente di amarlo, porgendo verso di lui infocati sospiri e lamentevoli gemiti; offrendo tutta me stessa, desideravo patire quanto mai dir si possa, per compiacerlo.
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