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Beata Elisabetta Canori Mora Diario IntraText CT - Lettura del testo |
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4. Un’umiltà perfetta
Oh, allora sì, che pieni di rispetto esclamarono altamente con voci concordi inni di lode e di ringraziamento all’eterno onnipotente loro sovrano. Aperta che si fu la porta, tre bellissimi personaggi mi si fecero incontro, e annunziandomi le celestiali brame dell’amante loro re, pieni di gaudio mi condussero dentro il venerabile tabernacolo. I suddetti personaggi erano i miei santi patriarchi Felice e Giovanni de Matha e il mio gran padre, sant’Ignazio. Devo dire una cosa molto considerabile, ed è che questo vastissimo tabernacolo non aveva la porta corrispondente alla sua vastità, ma aveva una porta molto stretta, molto angusta. I santi patriarchi m’insegnarono quello che dovevo fare per passare l’angusta porta. Così presero a dire: «Umìliati, abbàssati, annientati, se vuoi passare». Conobbi che in queste parole venivano compresi i gradi di una umiltà perfetta. A questa cognizione rivolsi, piena di sommissione le mie suppliche al buon Dio, acciò si degnasse donarmi la santa umiltà; desiderai di possedere questa virtù. In quell’istante l’amoroso Signore mi fece sperimentare gli effetti più vivi di una umiltà la più perfetta che mai dir si possa. La porta era veramente angusta, in maniera che dovetti umiliarmi molto per poter passare. «Abbàssati, umìliati», ripetevano quegli incliti personaggi, di alta sfera e di scienza ripieni. Alle loro parole mi degnò Dio di un grado di umiltà tanto profonda, che potei passare l’angusta porta. Oh che magnificenza! oh, che grandezza! oh, che vastità! Cose veramente incomprensibili, degne solo veramente di Dio. Entrai nel magnifico tabernacolo, scortata dai soli tre santi patriarchi, i quali, a nome dell’onnipotente Dio, m’introdussero in luogo eminente di questo tabernacolo. Era tale e tanta la luce che vi risiedeva, che al momento l’anima mia restò assorbita da questa immensa luce. La forte attrazione, con amorosa forza, trasse dal mio cuore i tre preziosi doni, che a guisa di dardi fitti nel mio cuore aveva, prima di entrare nella santa città, come si è detto di sopra, li trasse dal mio cuore, e li calcò fortemente sopra se stesso, e come li avesse inviscerati, tanto l’internò in se stesso. Dopo nuovamente li trasse dal suo seno, e in segno di particolare amore, tornò di bel nuovo ad immergerli nel mio cuore. Oh, chi mai potrà ridire i mirabili effetti che sperimentò il mio spirito! Mi manca veramente la lena di proseguire. Sperimentai gli effetti mirabili di una unione perfetta. Non posso dir di più. Sarà molto più facile a vostra paternità il comprenderlo di quello che sia a me il ridirlo.
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