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Beata Elisabetta Canori Mora
Diario

IntraText CT - Lettura del testo

  • PARTE SECONDA – LE NOZZE MISTICHE (Dal 1813 al 1819)
    • 32 – I «PECCATI» DEI SANTI
      • 4. Il patrocino di san Giovanni Battista della Concezione
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4. Il patrocino di san Giovanni Battista della Concezione

 

Il dì 11 novembre 1815 il mio spirito proseguiva nella medesima maniera: piangeva, sospirava, pregava, si affliggeva, per vedersi ingrata al santo e puro amore di Dio. Questa è per me una croce tanto sensibile che mi sta impressa nel cuore, e notte e giorno mi tiene in continuo martirio; questa croce mi pare che sia quella che nella passata unione si degnò il mio amorosissimo Dio di imprimermi nel cuore.Da quel giorno la mia cattiva corrispondenza si formò oggetto di gravissima ma pacifica afflizione; non sa più rallegrarsi il mio cuore, solo desidera imitare il Crocifisso suo bene, ma nel vedersi tanto dissimile da lui, piange, geme, sospira, prega incessantemente l’amato suo bene, acciò si degni donarmi la corrispondenza, l’amore.

Piena di fiducia, mi rivolsi alla valevole intercessione dei tre santi trinitari suddetti, con calde lacrime e veementi desideri invocai il loro valevole patrocinio. I pietosi santi mi apparvero tutti e tre, piacevolmente, e mi consolarono, facendomi sperare, a suo tempo, il conseguimento della bramata grazia.

 

Il beato Simone mi dette a tenere il lembo della sua cappa, il beato Michele si degnò di darmi a tenere il suo scapolare nelle mani, il venerabile padre, per darmi coraggio e per avvalorare il mio povero spirito, con trasporto di carità paterna, mi chiamò col dolce nome di figlia.

Oh, qual consolazione provò il mio cuore, quando così intesi chiamarmi: «Mia figlia, non temere! appòggiati sopra la mia spalla destra».

Alle sue parole il mio spirito, preso da santo timore, dubitò di qualche inganno, ma il santo padre conobbe il mio pensiero, e così soggiunse: «Non dubitare di inganno. Appòggiati liberamente, con santa libertà di figlia; e io ti prometto di sostenerti con carità paterna».

A queste sue parole l’anima mia fu sopraffatta da santa fiducia; assicurata dallo Spirito del Signore, appoggiai con sommo rispetto la testa sopra la sua venerabile spalla, in atto umile, obbediente e modesto, mostrando verso di lui la soggezione e l’amore filiale. Il venerabile padre mostrò verso l’anima mia gli affetti più vivi della sua paterna carità.

In quel felice momento godei un bene molto particolare nello spirito; ma particolarmente sperimentai un totale abbandono di spirito nella sua paterna carità. Io non so ridire, molto grande fu la consolazione di spirito che mi recò il distinto favore.

 

Il dì 22 novembre 1815, nella santa Comunione, così la povera Giovanna Felice: mi apparve nuovamente il venerabile padre, mi confortò con parole molto amorevoli e mi fece di bel nuovo appoggiare sopra la sua veneranda spalla; mi assicurò del valevole suo patrocinio. L’amorosissimo Dio, per mostrarmi la sua compiacenza, nel vedermi sostenuta da questo suo fedelissimo servo, dall’alto dei cieli mandò un raggio del suo splendore a formare una strada dritta, perché la povera anima mia potesse liberamente e facilmente sollevarsi al cielo per godere le divine misericordie.

Allora mi disse il venerabile padre: «Va’, figlia, non indugiare»; e, datami la paterna benedizione, l’anima mia, per mezzo di quel raggio di luce, si sollevò al cielo. Dio mi degnò di un grado molto alto di unione, da questa unione ne riportai un favore ben grande: mi promise il Signore di farmi godere in cielo il merito della clausura; e questo, mi fece intendere, che era in premio di quel volontario ritiro che esercito per suo amore.

 




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